Il potere militare e la democrazia

militare_democraziaRecentemente ho terminato di leggere un interessantissimo testo redatto durante gli inizi degli anni sessanta e ripubblicato dalla libreria Editrice Goriziana nel 2008. Questo libro, divenuto ormai un classico della politologia (i colonnelli della guerra rivoluzionaria), tratta la relazione fra la democrazia e il pensiero militare. Il testo originale fu scritto da Giorgio Galli nel pieno della Guerra Fredda e intendeva analizzare la possibilità che i successi del sistema sovietico potessero favorire svolte autoritarie nelle democrazie rappresentative occidentali anche a fronte del ruolo delle élites militari francesi durante lo scontro di decolonizzazione seguito alla seconda guerra mondiale.

Ricordo che era una lotta fra due sistemi di pensiero; l’uno la democrazia liberale con garante gli Stati Uniti d’America, mentre il secondo pensiero era il comunismo Russo. Come sappiamo tutti il comunismo – il sistema sovietico – venne sconfitto. Così il sistema bipolare ebbe una fine il cui simbolo è rappresentato dalla caduta del Muro di Berlino del 1989. Una vittoria dell’Occidente democratico, si, ma una vittoria che non fu così evidente e sicura. Lasciamo ora queste considerazioni politiche sui sistemi dello Stato per riflettere anche sul ruolo della democrazia e sul ruolo del pensiero militare. Il cui ruolo, come si evince dal libro ha avuto influenze importanti sul pensiero democratico. Gli anni sessanta dello scorso secolo erano anche il periodo della (post-) decolonizzazione dove gli ufficiali rientravano nella madre patria con le più diverse esperienze maturate in anni di impiego rispettivamente di combattimenti.

Le condizioni di una democrazia si giudicano usualmente dall’equilibrio esistente tra i poteri tradizionali, e la diminuzione di peso del legislativo a favore dell’esecutivo è ertamente un brutto segno (per la democrazie).

A mente e senza rigore di ricerca, possiamo ricordarci di come il pensiero militare o i suoi attori abbiano influenzato la politica di Stati democratici (un esempio è il generale fracese De Gaulle, oppure anche il presidente-generale Eisenhower, o basti pensare il ruolo dei militari in Spagna, Portogallo e nell’america latina). Non voglio pormi quale giudice per dare un giudizio che sarebbe tutto sommato personale e irrilevante, ma sicuro, è come in questo determinato periodo della storia, il pensiero militare abbia partecipato o conpartecipato all’architettura del processo democratico nel mondo occidentale.

Volenti o nolenti

le dittature militari bloccaano la temuta espansione comunista (o, comunque anti-Washington) in America Latina

natoquindi un altro aspetto di della lotta al tempo della bipolarità. Da qui anche la teoria della guerriglia e sul suo ruolo (durante la Guerra Fredda). I teorici della guerra rivoluzionaria (colonnelli francesi) e con le esperienze della guerra – in questo caso – di Algeria, affermavano l’importanza di doversi preparare già in tempo di pace a questo tipo di guerra. Probabilmente è quanto poi si è tradotto con gli eserciti segreti dove uno di questi era presente anche in Svizzera. Una buona lettura la si può trovare nel libro di Daniel Ganser “Gli eserciti segreti della Nato” Operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale.

In conclusione – e da militare professionista – credo che il pensiero militare si giustifichi quando questo serva da supporto alla democrazia, ma sopratutto al voler del proprio popolo in conformità con le leggi internazionali. Non sono contro all’ufficiale che appeso gli abiti militari, ricopra cariche politiche. In fin dei conti è una persona che smessa una professione ne abbraccia un’altra. Pericoloso è semmai la tendenza di una deriva autoritaria, dove l’esercizio della funzione politica coincide con l’esercizio del mantenimento del potere o di una tendenza autoritaria sotto gli abiti della democrazia.

La democrazia
e il pensiero militare
Giorgio Galli
ISBN 978-88-6102-018-4
Libreria Editrice Goriziana, 2008

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1 commento su “Il potere militare e la democrazia”

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