
Mi ricordo aluni anni fa una trasmissione radiofonica, in cui un professore liceale di turno, spiegava all’ascoltatore il concetto di liberalismo. Di seguito una la breve sintesi: poniamo il caso che amiamo praticare la pesca. Per svolgere questa attività, siamo soliti a recarci presso un laghetto, dove indisturbatamente possiamo pescare tutto quello che vogliamo. Ma con il tempo altri pescatori si affacciano sulle rive di questo specchio d’acqua. Ognuno è libero di pescare quanto vuole. Una libertà incontrastata. E il tempo trascorre. Lentamente però ci si accorge che pescare un pesce è sempre più difficile. È a questo punto che per garantire la pratica di questa attività, si devono porre dei limiti, cioé limitare una parte della libertà. Ed ecco l’intervento dello Stato. L’autoregolamentazione è si un bel concetto, ma quando si parla di uomini e comunità un po’ utopico.
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Navigando in internet ho trovato questo interessantissimo filmato che parla della libertà personale e del ruolo dello stato. Fino a che punto può uno stato spiare e mettere sotto controllo i propri cittadini. Fino a che punto in nome della sicurezza e della protezione del cittadino, dobbiamo accettare di essere limitati o spiati? All’internauta lascio la risposta. Dal canto mio ritengo che gli estremi sono per tutti dolori, mentre un giusto bilanciamento fra libertà e controllo siano nella nostra società globale un giusto compromesso. Libertà con la condizionale?