La libertà ristretta

In nome della libertà individuale si cela il rischio di danneggiare le individualità collettive. Volenti o nolenti, viviamo in una società tranquilla. La Vecchia Europa, dopo le ceneri della seconda guerra mondiale è risorta. Guerra Fredda a parte, la nostra società non ha conosciuto occupazioni, distruzioni di massa, limitazioni di stampo marziale. Così i vecchi, coloro che hanno combattuto o nel caso degli Svizzeri, hanno vissuto quei bui periodi, piano piano ci hanno lasciato. Al loro posto sono arrivate le nuove generazioni e al loro posto altre generazioni. Parallelamente la tranquillità, lo sviluppo economico ma anche la socialità e di conseguenza il benessere ci hanno trasformato da una società dove la collettività aveva una sua ragione d’essere più spiccata ad una società votata al consumismo e all’individualismo. Forse è un paradosso che in uno stato divenuto con gli anni, più “sociale” si contrappone un individualismo dell’individuo.

Descrivendo la trasformazione della Vecchia Europa, non bisogna però dimenticare che la società è progredita e progredisce a diverse velocità. In Africa per esempio i postumi della decolonizzazione non sono ancora stati digeriti che già si assiste allo scontro, volto soprattutto all’interesse dell’oro nero, fra occidente, dove anche l’Europa non vuole essere esclusa, e la Cina, senza dimenticare però anche l’India. I Balcani che da diversi secoli racchiudono una pericolosa esistenza culturale, l’Asia con l’emergente potenza economica cinese ma anche densa di disparità sociali, il terremoto dell’implosione dell’Unione Sovietica non ancora terminata e per non dimenticare l’America Latina dove la democrazia poggia se non proprio su basi di cristallo poco ci manca.

Durante i secoli passati, abbiamo conosciuto forme più disparate di conquiste, dalla semplice invasione, ai regni, agli imperi per poi passare in epoca più recente alla colonizzazione. I popoli nelle diverse epoche hanno sempre cercato di influenzare con ogni mezzo altri popoli. Oggi con la globalizzazione emerge un’altra tipologia di conquista; l’imperialismo economico e dell’approvvigionamento energetico.

In tutta questa panoplia di intrecci, di avvenimenti comunque ogni società, chi più chi meno ha vissuto delle trasformazioni. Alcuni problemi si sono risolti, certo altri sono ancora di attualità e nuovi problemi, come per esempio lo sfruttamento e la distribuzione delle risorse, il surriscaldamento del nostro pianeta, nuove malattie e l’esplosione demografica. Il fatto però che noi occidentali siamo considerati i più avanzati, progrediti, ricchi e perché no in pace con noi stessi, dicevo questo status non ci mette al riparo da eventuali futuri pericoli. Anzi, dobbiamo semmai ricordarci che ogni cultura giunta al suo apice conosce un lento ma inesorabile declino, oppure sportivamente parlando è meno difficile arrivare in testa ad una classifica, che mantenerlo. Basti pensare l’impero Romano, dove dopo la sua caduta lo sviluppo è arretrato di parecchi anni.

Ritorniamo però al grado di civilizzazione o di sviluppo della nostra realtà. La maggior parte di noi è brava a parlare dei diritti, ma lo è meno, quando si tratta di rispettare i doveri che, e questo non è mai troppo ricordarlo, che incombe ad ogni individuo che fa parte di una società.

Non si vuole per questo dire che il volontariato non esiste, io stesso ne ho fatto parte per diciannove anni e ancora oggi ne traggo profitto sia per la mia vita professionale che privata. I movimenti giovanili funzionano sono, è una mia idea, ancora puri e pieni di potenzialità. Non appena però si raggiunge la maturità economica, gran parte di questo potenziale è perso o semplicemente per ragioni puramente economiche o di opportunità è messo da parte. A seguito di questo approccio che ha spaziato fra la macro e il micro cosmo della società contemporanea i miei pensieri corrono ad una trasmissione radiofonica del 1996 , dove il professor F Zambelloni spiegava la nascita del pensiero liberale.

Con il pensiero liberale nato fra il 1600 e il 1700 si assisteva alla rivendicazione della libertà di religione e della libertà di pensiero, mentre fu dalla Rivoluzione francese che si assistette al momento della rivendicazione dei diritti individuali. Parlando della libertà di ognuno, mi ricordo l’esempio nel quale portava l’esempio della pesca. Se prendiamo un lago e un pescatore dove quest’ultimo è libero di pescare a piacimento non può essere un problema. Ma se molti pescatori si comportano allo stesso modo, prima o poi il lago sarà troppo piccolo per tutti e anche la riproduzione dei pesci potrebbe porre un problema.

D’altro canto può esserci una ragionevole convinzione che, la libertà e le costrizioni devono esistere nella dovuta proporzionalità. Infatti, più la libertà è restrittiva e più le persone, per la nostra natura stessa, cercheranno di ribellarsi. La soluzione è da ricercare non tanto però nella discussione del limite delle libertà, bensì nell’educazione della società. Una sorta di educazione morale che renderebbero superflue molte costrizioni. Anche se convinto che l’uomo deve essere educato al rispetto continuo a favorire una filosofia morale anziché la scienza delle leggi del pensiero di Thomas Hobbes, che comunque ritengo sotto un certo aspetto veritiero. Hobbes per l’appunto ha un pensiero non propriamente positivo dove “… gli uomini si trovano nella condizione di sola natura (che è una condizione di guerra), finché l’appetito individuale resta la sola misura del bene o del male” e quindi in mancanza di una guida, nel nostro caso le istituzioni, l’uomo o la massa si trasformano dapprima in sommosse, disordini ma anche in possibili conflitti.

Anche in una società come la nostra, regolata e composta per mantenere degli standard di sicurezza e prosperità, necessitiamo anche di doveri a volte non graditi. Riducendo le forze di polizia perché la criminalità è bassa, le forze sanitarie perché gli incidenti sono poche l’esercito perché non esiste la minaccia, sicuramente è giusto, ma questi aggiustamenti devono garantire una solida base ma soprattutto garantire un rapido potenziamento in caso di recrudescenza. Un’altra tendenza fuorviante è quella di dover a tutti i costi trovare in nuove missioni un posizionamento di un’istituzione che si accaparra i favori dell’opinione pubblica. È per questo che trovo pericoloso la ricerca a tutti i costi di missioni che esulano dal cuore principale di un’istituzione. La polizia deve svolgere compiti di polizia, le guardi di frontiera garantire la sicurezza alle frontiere, i pompieri prevenire gli incendi e evitare le catastrofi ambientali, il servizio sanitario un pronto intervento e l’esercito deve garantire la sicurezza ultima dello stato. Questo non vuol dire però che gli adattamenti alla particolare situazione del momento sono da escludere. Come vedremo più in avanti, anche l’esercito può contribuire alla lotta al terrorismo. Punto fermo però è la non mescolanza con altre istituzioni dello stato. Questo però, ed è bene ricordarlo, non esclude una collaborazione. Questa visione eviterebbe un dispendio di risorse e dibattiti sull’utilità o meno per esempio dell’istituzione più controversa, cioè l’esercito. Catapultandoci brevemente a livello internazionale, vi è da ricordare la profonda crisi che l’organizzazione atlantica (NATO) ha vissuto dopo la dissoluzione del blocco comunista. La NATO aveva raggiunto il suo scopo, aveva vinto senza aver combattuto. Però la dissoluzione del nemico aveva creato un problema esistenziale. Senza più una chiara missione si è sentito veramente il bisogno di chiedersi cosa riservasse il futuro di questa alleanza militare. I fatti ormai sono chiari, durante la guerra di Bosnia 1995) la NATO, venne impiegata per la prima volta e contemporaneamente le sono state affidate nuovi scopi, che da alleanza difensiva si è trasformata vieppiù in alleanza a favore della comunità internazionale. Malignamente potremmo chiederci cosa è la comunità internazionale, ma esuleremo il nostro contesto. Anche se una sua dissoluzione avrebbe sicuramente effetti positivi, dobbiamo rilevare come la sua rinata natura, permette di continuare il dialogo con diversi partner sia della vecchia Europa, sia della nuova Europa nonché con partner oltre atlantico. Se dobbiamo cercare un effetto positivo di questa non dissoluzione, lo dobbiamo focalizzare nella continuità degli scambi e della comunicazione, evitando di rinchiuderci nei propri confini, con il rischio di ricreare nuove diffidenze.

Il pensiero che ci avvolge è questo, riducendo determinate strutture a favore della collettività si corre il rischio che la massa manipolata possa svilupparsi negativamente, distruggendo quella tranquillità che oggi conosciamo. Probabilmente e ne siamo coscienti, è il pensiero dell’uomo piuttosto negativo, ma la società deve essere sì libera, ma con chiare limitazioni. Tanto più si difende l’uguaglianza del diritto, tanto più si riduce la libertà. Vice versa, se vogliamo puntare sulla libertà individuale, si rischia di ledere la libertà di qualcuno.

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