Le infrastrutture nazionali pilastro della prosperità

Le catastrofi naturali. Le infrastrutture e il ruolo che giocano nel superare una crisi. Gli Stati Uniti d’America e il Far-West. La Svizzera non sono gli Stati Uniti d’America.

Più volte, specialmente negli ultimi tempi, non è raro sentire da eminenti personalità politiche e/o militari, quanto la vulnerabilità delle infrastrutture nazionali possa, in caso di catastrofe naturale, di forti intemperie oppure di forti nevicate, mettere in ginocchio – per diverse settimane se non mesi – una nazione. Gli esempi non mancano, Katrina 2005, Sandy 2009, un qualche Black-out, o la nevicata del secolo a Washington 2010 eccetera. Tutti esempi che fortunatamente sono situazioni capitate al di fuori del nostro confine nazionale, cioè la Svizzera.

La fondatezza nell’asserire la vulnerabilità delle infrastrutture moderne trova sicuramente un suo fondamento ed una sua empirica concretezza, poiché non è un segreto che le società moderne occidentali, globalizzate e fortemente dipendenti da diversi fattori, quali le importazioni di beni primari, il forte consumo di energia per produrre e per fare funzionare non solo le industrie e i servizi, ma anche le economie domestiche, le telecomunicazioni, siano oggi, più di ieri, vulnerabili a qualsiasi calamità siano esse naturali, siano esse causate dall’uomo.

Ma la Svizzera, come sicuramente altre nazioni occidentali (lo dico per essere neutrale …), non è l’America. Ecco perché, e arriverò in seguito, prendere per un dato di fatto tutti gli esempi al di fuori dei nostri confini, oppure peggio, al di fuori della nostra organizzazione e magari applicarli ciecamente alla risoluzione dei problemi, è un pericolo che può facilmente indurci a credere che anche noi ci troviamo completamente nella stessa situazione. Probabilmente esiste una verità, un’analogia, sì forse è vero. Ma solo in parte. Il problema della vulnerabilità delle infrastrutture è reale, ma diverge in diversi fattori. Per coloro abituati a viaggiare non è raro paragonare quanto si vede all’estero con la propria realtà. Prendiamo un esempio: gli Stati Uniti d’America. La superpotenza. E ancora un altro esempio: la Svizzera. Piccola e alpina.

Ora mi spiego. Partendo da Chiasso fino a Basilea, oppure da Ginevra fino a San Gallo, possiamo percorrere velocemente il tragitto in sicurezza. Strade e autostrade in buono se non in perfetto stato, ponti e gallerie che adempiono gli standard di sicurezza, cura del paesaggio. La rete di telecomunicazione per lo più è interrata. Anche la rete ferroviaria è moderna e sicura. Possiamo tranquillamente dire che il nostro Stato ha investito e investe tutt’ora nel mantenimento delle infrastrutture, come pure nel miglioramento della stessa. Anche la rete elettrica non è esente da questa cura; in caso di caduta o di black-out locali, la rete ridondante può coprire eventuali fabbisogni supplementari, causando pochi problemi all’utenza. In definitiva posso asserire che in Svizzera lo Stato – e per riflesso la sua popolazione – hanno investito nell’infrastruttura comune. I risultati sono visibili. Ma la Svizzera non è solo Chiasso – Basilea e Ginevra – San Gallo. Esistono anche le zone periferiche, le valli discoste. Ebbene anche in questo caso possiamo contare su di un’infrastruttura e di una rete si servizi di buona qualità.

Questa situazione è un punto di forza che in caso di catastrofi è sicuramente d’aiuto per ripristinare la situazione di partenza. Il vero pericolo semmai, è quello di non curare e di non più investire nelle infrastrutture comuni o di adeguarle ai bisogni che ogni crescita comporta. Insomma risparmiare. Per coloro abituati a viaggiare all’estero – e qui mi ripeto – probabilmente è più facile capire quanto ho appena detto. A volte anche a pochi chilometri oltre confine, mi rendo conto della differenza di dettaglio, di qualità delle infrastrutture. Recentemente percorrevo il passo del Maloya a Lugano (dunque transitavo nel territorio italiano). Durante il percorso mi rendevo conto che accanto a viadotti nuovi e gallerie moderne, esistevano strutture lacunose nella manutenzione. E mi chiedevo il perché die questa differenza.

PetersburgPer nove mesi, nel 2003 ho avuto la possibilità di vivere negli Stati Uniti. A volte mi sembrava di trovarmi nel far-west. Lunghe strade con a lato case di legno (in caso di forti venti … lasciamo poi perdere l’efficienza energetica), Pali della luce che potrebbero fare concorrenza alla torre di Pisa. Cavi telefonici o elettrici aggrovigliati l’uno con l’altro. Una spaghettata insomma. Semafori sopra la strada, appesi a dei cavi che al minimo accenno di vento danzano a più non posso. A dire il vero anche nella Berna capitale mi è capitato di vedere ancora recentemente dei semafori appesi; ma la differenza di qualità è enorme. Ero in Virginia. Ripeto Virginia negli Stati Uniti d’America. La super-potenza. Un paese all’avanguardia nella ricerca, nella finanza e chiaramente anche in altri campi. Potrei parlare anche di Washington; forse meno spaghetti, ma sempre una grande differenza di dettaglio. Una differenza di investimenti pubblici. Recentemente e a sostegno di queste riflessioni ho letto in un libro di David Axe dal titolo From A to B dove l’autore racconta del degrado reale delle infrastrutture di trasporto USA. Strade e ponti (cioè le vie di comunicazione) necessitano al più presto di ingenti investimenti. L’infrastruttura negli USA è – se non fatiscente – malata. Se siete ancora scettici vi consiglio la lettura di Federico Rampini nel suo libro Occidente estremo. From A to B e Occidente sono due testi molto interessanti per comprendere meglio – e per paragonare –  la situazione attuale degli Stati Uniti d’America, ma anche del mondo occidentale. Già che ci sono ecco anche la presentazione del libro di Rampini.

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Ma continuiamo. Quanto precedentemente scritto rappresenta la differenza fra gli USA, come pure anche altre nazioni occidentali (moderne e high-tech) e la Svizzera. Le calamità non guardano in faccia a nessuno, le inondazioni sono di casa anche in Svizzera, le super nevicate, anche. Questo è il punto in comune che ci accomuna.

La differenza sta nella mentalità e nel ruolo dello Stato. Il nostro Stato investe e dovrà investire non solo nelle infrastrutture già presenti, ma anche nel miglioramento e nell’adeguamento delle stesse.

Ecco per cui una nevicata record a Washington non sarà mai comparabile con la nostra realtà. Un black-out in America non sarà mai comparabile con la nostra realtà. Si lo so mi sono ripetuto. Questo approccio non è, solo dato dal fatto, che da noi le nevicate sono più frequenti, bensì la differenza è data dal ruolo che ha lo Stato.

Sono anche conscio di aver discusso solo una piccola parte della problematica. Il superamento di una crisi non è solo data dall’hardware, bensì anche dal software come il servizio coordinato, la protezione civile, polizia, pompieri, sanitari eccetera, e anche (eh sì anche) l’esercito. Non dimentico neanche la politica – o il politico. Questa cerchia insieme ci garantisce – o dovrebbe garantire – una certa sicurezza nell’affrontare il pericolo di questo primo scorcio di nuovo secolo.

A proposito anche una finanza a briglia sciolta e un ruolo dello Stato debole potrebbe essere la causa di una certa leggerezza nel trattare la cosa pubblica.

Risparmiare si, è sempre possibile. Come pure possibile sarà un giorno percorre il nostro territorio da Chiasso a Basilea, da Ginevra a San Gallo e scoprire che le nostre vie di comunicazioni e di trasporto non sono poi così tante sicure. E per terminare voglio precisare che non voglio assolutamente sminuire il pericolo di queste avversità. Il mio intento semmai è quello di valorizzare i punti forti individuando le differenze fra i diversi approcci.

2 commenti su “Le infrastrutture nazionali pilastro della prosperità”

  1. Ecco un link attuale su una grande nevicata che ha lasciato al buio parecchia gente. Una domanda è plausibile: come è possibile che 600 000 economie domestiche possano rimanere senza elettricità? Probabilmente il malefico Nemo – cioè la tempesta invernale che ha causato questa situazione è solo l’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso. Le cause sono verosimilmente da ricercare nella qualità e negli investimenti delle infrastrutture.

  2. Da un estratto del discorso del presidente USA Obama cito:
    “Obama ha dunque rilanciato il programma “Fix it first”, cioe’ il piano per il recupero delle grandi infrastrutture a stelle e strisce, a partire dai ponti del Paese sui quali “potrebbe essere messa subito al lavoro tantissima gente” grazie anche al contributo di gruppi privati per non appesantire la spesa pubblica.” (www.agi.it –> Obama, discorso dull’Unione. Area di libero scambio con l’Europa). Ancora una volta quindi l’importanza di una tematica che non può essere trascurata. Se l’economia vuole progredire, anch’essa deve fare la sua parte. L’economia americana approfitta delle inftrastrutture.

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