La parabola ecologica

Bianco e nero. Più bio più inquino. La coscienza ambientale. Il progresso tecnico. L’economia. L’importanza della triade. La miopia ecologica. La speranza di un cambiamento.

Grafica Rappazzo 2013
Grafica Rappazzo 2013

C’era una volta l’isola di Pasqua. Un lembo di territorio con risorse, foreste e una popolazione. Poi, ad un certo punto, la vita si estinse. Una parabola che possiamo quasi copiosamente ritrovare in altri ambiti. La nascita e la morte degli imperi. La nostra vita è una parabola. Oggi, vogliamo chinarci su una parabola non ancora del tutto segnata. O almeno così lo spero. Si tratta della parabola dell’ecologia e della nostra società. La metafora utilizzata dell’isola di Pasqua che è uno dei tanti esempi che possiamo trovare nel libro di Jared Diamond dal titolo “Collasso – come le società scelgono di morire o vivere“, è però il nostro filo conduttore di questo testo.

Perché ci sono più danni che vantaggi nell’acquisto di cibi rispettosi dell’ambiente, oppure nell’utilizzo di presunte lampade a risparmio energetico e ancora nel fare economia nell’uso di acqua  potabile

(Smettere di piangere, Christian Ortner, p. 71-88)

Ok. Sono disorientato. Forse. Probabilmente. O forse no. Da bravo svizzero, rispettante di regole e doveri derivanti da norme, legislazioni e tendenze eco-compatibili, organizzo la raccolta dei rifiuti secondo il metodo “differenziato”, cerco di evitare gli sprechi e tutte quelle belle cose che oggigiorno nell’occidente sono, come già detto, eco-compatibili. In sostanza, questo comportamento fa di me un modello esemplare di homo sapiens. Ne sono anche convinto. È chiaro che alcuni problemi come gli imballaggi o i metodi di produzione, sono costantemente sempre migliori.

L’assunto secondo il quale

il più delle volte, agire secondo un buon intento ecologico, significa ottenere l’esatto contrario (p. 73),

mi ha fatto perlomeno riflettere sul senso del comportamento ecologico. Ecologico per trend. Ecologico per convinzione. Ecologico per dovere. Ecologico per quant’altro. Prevengo, e ci tengo a sottolineare, il fatto che sono particolarmente avverso a qualsiasi forma di estremismo. L’ecologista sfegatato e tutti i metodi via via correlati fino all’estremismo violento, all’eco terrorismo, quindi, non sono di mia natura. Ne sono avverso.

Ritengo che la ricerca di una società eco-sostenibile debba svilupparsi su più fronti; la ricerca di nuove tecnologie, lo sviluppo della coscienza ambientale e deve tenere conto anche dell’impatto economico che qualsiasi sconvolgimento dei metodi di vita, di una società avanzata (e non), può provocare. Se per ipotesi gli impianti eolici dovessero poter sopperire con efficacia altre fonti di energia, sarebbe però inopportuno dislocare selvaggiamente sul territorio impianti di questo tipo. Nel campo economico un repentino cambiamento nella produttività economica – oltre a generare probabilmente altre possibilità d’impiego – può provocare un aumento di persone senza lavoro.

A proposito di consumatori – concediamoci un breve excursus – facendo leggere di prima mano la bozza di questo articolo, un mio amico sottolineò in forma cristallina la seguente affermazione

il popolo è guidato dai prezzi.

Purtroppo ho il sentore, se non proprio giustificato in tutti i suoi angoli, che l’affermazione sia realtà. Una piccola conferma mi viene dalla lettura di alcuni articoli di giornali, dove si commentava la produzione di tessili a basso costo per il ricco consumatore occidentale (per ulteriori approfondimenti: articolo Spiegel Online-Panorama e 20min Online).

Fonte: www.livenet.ch (febb 14)
Fonte foto: www.livenet.ch (febbraio 2014)

Torniamo a cose più semplici. Cosa da comuni consumatori. “chi acquista in negozi o presso supermercati bio, oppure presso bio-fattorie, procura danni anche maggiori all’ambiente di clienti che compiono acquisti presso i negozi convenzionali (p. 72). Tradotto, è semplice. Se io avessi una lista della spesa forte, diciamo di una ventina di prodotti da acquistare e dove per essere bio mi devo recare in tre o quattro negozi dislocati nella regione, utilizzerò comunque più energia (consumo di carburante). D’altro canto potendo acquistare i miei prodotti in un solo punto di vendita, oltre al tempo potrò anche risparmiare – e consumare meno – carburante. Non voglio dire che il bio non è una buona cosa. Anzi! Convulsamente un altro piccolo esempio; le acque minerali. Perché devo acquistare la marca trend xy che proviene da chilometri da distanza, quando posso acquistare un’acqua locale o anche consumare l’acqua del rubinetto (ah, se la volete gasata, potete sempre acquistare un apposito apparecchio)? Semmai sono le abitudini e la strategia che devono essere meglio affinate. Le abitudini (e la coscienza) è una questione primariamente del singolo e della comunità. La strategia del corto-medio-lungo termine è appannaggio delle nostre autorità politiche. Non parlo di lobby … parlo di politici al servizio della popolazione. Mi spiego. Altro piccolo esempio. Ho vissuto in molte città e paesi della Svizzera. Tema raccolta differenziata dei rifiuti. La questione è semplice. I rifiuti si separano alla fonte per poi essere smaltiti separatamente. Presto detto ma non presto fatto! Innanzitutto – si potrebbe dire questione puerile – la progettazione delle case, delle cucine deve essere adattate a questa non più nuova esigenza. A volte è più semplice gettare il tutto in un unico contenitore. Secondo; il paese, la città, devono poter offrire al cittadino delle strutture moderne, di facile accesso (giorno e orari) onde poter smaltire la mole di rifiuti in un’unica azione. Per moderne intendo un unico centro per tutta la tipologia di rifiuti. Di facile accesso per contro intendo i parcheggi e gli orari di apertura. Se poi vogliamo aggiungere la classica ciliegina sulla torta, non sarebbe niente male produrre meno imballaggi ingombranti e inutili … o ancora meglio produrre imballaggi ad alto rendimento. Rendimento? Si rendimento inteso come riutilizzo.

Sempre nel capitolo del libro in questione, ho così dovuto rammentarmi di quanto inconsciamente già sapevo, le batterie delle macchine, le lampade a basso consumo, i negozi o prodotti bio sono si ecologici, ma hanno anche un retro della medaglia. Le batterie impiegano moltissime energie per essere costruite (e smaltite), le lampade a basso consumo contengono sostanze non propriamente salutari ed ecologiche e il trend dei prodotti bio non sempre ha una somma zero o positivo in ambito ecologico (approvvigionamento).

Non fare niente però equivarrebbe a perdere in partenza. Un trend, quello della coscienza ecologica, che deve essere perseguito. Nel corto termine troveremo sicuramente delle sbavature, ma è con il medio e lungo termine che le nostre abitudini potranno dare i frutti sperati. Purtroppo il tutto e subito non esiste. Ecco perché – e mi ripeto –

una coscienza ecologica a lungo termine deve essere una correlazione fra la tecnologia, fra la società e l’economia.

Si potrebbe affermare una triade ecologicamente sostenibile. Come? Incentivare, motivare e se necessario … obbligare!

 

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