Riconoscimento e prestazione

La professione prima di tutto. Se non scali la piramide non sei nessuno. Il ruolo delle attività extra-professionali. Lo stile di condotta e l’ambiente di lavoro. Praedicant bonum et malum scalpendi (predicare bene e razzolare male). Motivare non vuol dire non condurre. Una situazione di crisi deve essere temporanea. L’esercito in situazione di crisi, l’esercito in situazione normale.

i dipendenti non metteranno più a disposizione dell’impresa solo un tempo di lavoro, ma il loro pensiero, la loro intelligenza, la loro capacità relazionale, di gestione, di organizzazione, l’attitudine ad assumere responsabilità e rischi in funzione degli obiettivi dell’impresa (M.F.Gamba)

Ticino ManagementA cavallo fra il mese di dicembre e gennaio di quest’anno, mi trovavo in sala d’aspetto presso un centro medico per bambini, quando leggendo svogliatamente un’edizione … diciamo così già “vecchia” (dicembre 2013) di Ticino Management, mi venne all’occhio un interessante articolo dal titolo Total Reward (pag 20), scritto da Morena Ferrari Gamba (Senior Partner Lwp Ledermann Wieting & Partners).

Un lavoro non gratificante rende le persone infelici e le persone infelici lavorano male (M.F.Gamba)

Pensiero interessante. Il mio interesse, consisteva nel valutare se il contenuto del testo era paragonabile anche nel contesto di un’organizzazione non civile; ossia l’esercito.

Chiaramente l’esercito è un’istituzione votata alla crisi; nel senso che deve essere capace di operare in situazioni d’incertezza, dove il tempo e la velocità dell’azione e il raggiungimento degli obiettivi sono prioritari. Anche a costo di vite umane. Ma anche l’esercito non è sempre sul “piede di guerra”. Una situazione di non crisi è dunque sicuramente paragonabile in gran parte anche con il settore civile. Così, concetti come strategia aziendale, Work life balance, EFQM, valutazione del personale, tempo libero, famiglia, ambiente di lavoro, sono solo alcuni aspetti che troviamo anche nell’esercito. A volte però alla teoria, ai buoni propositi, si scontra con la realtà di tutti i giorni.

Il valore aggiunto dei concetti menzionati è quando,

un’azienda riesce a mettere davvero al centro della sua strategia (i) valori etici, improntati sulla persona con politiche retributive e di riconoscimenti accattivanti, basate su incentivi che rispecchiano le attese del collaboratore (M.F.Gamba)

Morena Ferrari Gamba scrive che “l’impatto positivo sulla motivazione e di conseguenza anche sulle performance non tarderà ad arrivare”. Ne sono convinto anch’io. Per quanto riguarda le leve motivazionali devo a dire a rigore di verità che il dipendente dell’esercito, ha buone prestazioni salariali (stipendio, vacanze, condizioni sociali). Questo anche se negli ultimi anni, la pressione su questo caposaldo si è accentuata.

PIRAMIDELa carriera militare, intesa come ascesa sempre e costante verso gradi più alti, oggi come oggi non è più solo al centro della carriera professionale di un ufficiale (giudizioso è una breve ripetizione del concetto della piramide di Maslow). Ma vediamo brevemente e senza addentrarci troppo in dettagli di una possibile tipologia del concetto di leve motivazionali.

Le leve motivazionali
Abbiamo già parlato delle condizioni salariali e sociali, quindi ci concentreremo su altri aspetti quali la carriera verticale rispettivamente orizzontale, l’ambiente di lavoro integrando anche lo stile di condotta, per terminare con il cambio regolare – in media ogni quattro anni – che avviene per il personale in uniforme.

Ancora oggi la carriera verticale, cioè l’ascesa verso gradi, funzioni più alte è la via, che nell’inconscio del personale, è paragonata al successo. Con gli anni però la piramide si è sempre fatta vieppiù più stretta (riduzione degli effettivi e dei posti di “prestigio”). È diventato impellente – ora più che mai – sviluppare degli strumenti efficaci per motivare e meglio valorizzare degli ottimi collaboratori, che per un motivo o per l’altro non possono – ma ora anche non vogliono – scalare la via professionale nelle vette più alte. Oppure, lasciare che del personale valido intraprenda altre strade al di fuori dell’esercito. Una via professionale – o carriera orizzontale – quindi può essere una strada percorribile. Sono ancora troppe le persone che giudicano il successo per il tuo grado o per la tua funzione. E diciamolo pure chiaramente; ogni organizzazione – in questo caso l’esercito – non ha bisogno solo di buoni ufficiali ai suoi vertici, ma anche di ottimi ufficiali in altre funzioni! Ma queste persone devono essere valorizzate meglio. Molto meglio. Come? Garantendo un’adeguata e rispettabile carriera orizzontale.

L’ambiente di lavoro è la base, il centro da dove si può costruire e raggiungere degli obiettivi. L’obiettivo è così  la ragione d’essere, mentre il mezzo per giungere all’obiettivo è il personale e la sua forza dirigenziale. Un ambiente di lavoro sano non esclude però una condotta chiara, esigente. Anzi queste sono solo alcune caratteristiche imprescindibili per giungere (e mantenersi) al successo. Un capo che agisce solo in funzione degli obiettivi, tralasciando l’elemento umano, oppure nell’idea di trovarsi sempre in situazioni di crisi – dove ognuno si presta ad assumersi nuovi carichi di lavoro, di stress, rendimento o altro ancora, rischia anche nel medio termine una bruciante sconfitta. Tecnicamente o tatticamente si può essere al di sopra della media, ma senza un particolare riguardo al materiale umano, vi è da chiedersi onestamente se noi come subordinati, siamo o saremmo pronti a seguire questa tipologia di persone. Io no!

È una consuetudine che il personale professionista, cambi funzione in media ogni quattro anni. Questa regola porta sicuramente dei benefici, ma conta anche delle zone d’ombra. Innanzitutto, la consapevolezza di restare quattro anni, motiva la persona a dare delle prestazioni degne di nota, per ottenere di seguito un avanzamento o un’altra posizione migliore. Inoltre, il frequente ricambio aiuta da una parte la persona ad ampliare la sua esperienza, e all’organizzazione a confrontarsi sempre con nuove idee. Una zona d’ombra però è quando queste stazioni sono occupate per meno di quattro anni da una parte o per più anni d’altra. Un breve periodo non permette all’organizzazione (e ai suoi subordinati) di contare su una certa, dovuta e necessaria continuità. Un periodo troppo lungo (di una funzione), rischia di rallentare l’evoluzione di un’organizzazione, come pure di togliere l’energia al collaboratore (sedersi sugli allori).

Comunque è bene ogni tanto studiare i curriculum vitae dei nostri subordinati e dei nostri pure capi.

Carriere lampo, veloci, anzi velocissime non sono necessariamente sinonimo di competenza e di … successo (per l’azienda)

L’esperienza è come un buon vino, per essere migliore deve poter invecchiare. Possibilmente in una botte di rovere!

condottaProbabilmente, anche grazie allo sviluppo positivo e a una maggiore sicurezza della nostra società contemporanea abbiamo modificato e modifichiamo durante il percorso della vita attiva la percezione e l’importanza della carriera. Non è soltanto lo stipendio (che si reputa buono) a caratterizzare la nostra vita privata e professionale. Altri aspetti sono sempre più rilevanti nel gestire la propria vita attiva; la famiglia, il tempo libero o la possibilità di impegnarsi anche al di fuori del contesto professionale, sono altresì importanti pezzi di puzzle dove convergono nell’analisi di ognuno di noi alfine di determinare il proprio percorso. Quindi, è bene tenerne in debito conto. Quindi è bene che ogni capo al suo livello rifletta su quanto la società domanda oggi, e non tanto su come le cose erano durante la guerra fredda, durante gli anni 80, 90 … Oggi!

Studiare il passato, capire il presente, e preparare il futuro! Compito quest’ultimo, a cui non tutte le forze direttive ne sono consci o capaci.

Condurre: per molti ma non per tutti

MalikTornando ancora brevemente sul ruolo della condotta, ancora oggi un libro che mi affascina per il suo contenuto chiaro e schietto è Führen, Leisten, Leben, scritto da Fredmund Malik. Condurre, Contribuire e vivere. Riassumendo non è importante che il lavoro dia soddisfazione, bensì che i risultati del nostro lavoro diano soddisfazione (pag 95).

Ora, mi si potrebbe rimproverare che in questo breve testo abbia omesso questo o quell’altro elemento. Giusto. Ma trattasi però di un breve testo. Quindi. Una precisazione: ogni organizzazione, civile ma anche, come nella mia professione, è piena di processi, obiettivi, pamphlet sull’etica, sulla cultura, sulla qualità e chi più ne ha più ne metta. Vero. Vero però, è anche che tutti questi buoni propositi, si perdono quando il management, il corpo direttivo, i responsabili, non vivono l’essenza del contenuto, ma si accontentano solo della forma. E per concludere un episodio che ha rischiato di farmi letteralmente spanciare dal ridere (mi scuso l’espressione da ristorante). Alcuni anni orsono (meglio rimanere nel vago) e come ogni anno, ogni livello di organizzazione è fiera nel comunicare i propri obiettivi. Ma pensate; ogni livello pretende dal subordinato il dovere di conoscere gli obiettivi superiori, i propri. Se però sommate tutti gli obiettivi, alla fine il povero collaboratore è confrontato con una marea (figurativamente) di obiettivi. Fortuna che hanno inventato il salvagente. Ed eccoci alla fine e per questo termino citando nuovamente Morena Ferrari Gamba;

l’impatto positivo sulla motivazione e di conseguenza anche sulle performance non tarderà ad arrivare

Il personale, come mezzo, per raggiungere obiettivi validi e concreti. La carriera, non è solo al verticale. L’esercito non ha bisogno solo di carrieristi, ma di professionisti che si dedicano al proprio lavoro con passione, professionismo e che abbiano ancora del tempo per dedicarsi ad altre attività. Un personale motivato così sarà pronto a impegnarsi maggiormente nel lavoro, senza dover render conto a concetti, strategie, obiettivi plastificati, che il più delle volte sono come dei soprammobili cui bisogna di tanto in tanto dargli una spolveratina.

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1) I capi e le cicogne;
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3) La carriera, senza la responsabilità della condotta.

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2 commenti su “Riconoscimento e prestazione”

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