La minaccia ibrida

L’ibrido è trendy. La ruota del carro è già stata inventata. L’ibrido internazionale e l’ibrido Svizzero. Il termometro ibrido. Il vintage. Breve storia della minaccia ibrida che tanto è di moda.

La parola ibrida è ormai da diverso tempo e in diverse forme, sulla bocca di tutti. Descrivere questa tipologia è più un esercizio filosofico-intellettuale, dove le più disparate analisi, spiegazioni spaziano su diversi livelli dello spettro dove si svolge questa diatriba. Nel gergo ibrido così possiamo trovare diversi concetti quali, “una situazione ibrida”, “l’auto ibrida”, “la guerra ibrida”, “la minaccia ibrida”, semplicemente un “è un ibrido”, oppure e con un minimo sforzo intellettuale, potremmo parlare anche di “logistica ibrida” e quant’altro ancora la nostra immaginazione ci permette. Probabilmente in un ipotetico confronto iniziale, gli interlocutori, concorderebbero nel definire il termine ibrido, come un qualche cosa o una situazione atipica alla norma. Un concetto che è avvolto da una nebbia, densa o meno, a dipendenza dell’interlocutore di turno. Questa situazione di visibilità ridotta è il perno della divergenza. Divergenza che si accentua nel tentativo – filosofico-intellettuale – di dare un quadro concreto a questo termine.

Negli affari militari, ma probabilmente anche politico istituzionale, un particolare esercizio è nel definire – se proprio si vuole inserire questo concetto nel nostro vocabolario – una chiara definizione della minaccia o guerra ibrida. La rete, fonte inesauribile d’informazioni, pullula di spiegazioni, di testi analitici, ma gli stessi ambienti militari occidentali consultati, non hanno trovato fino ai nostri giorni una dialettica comune nel comprendere, interpretare e utilizzare il termine in questione. Anche in Svizzera il dibattito, o quei pochi che si azzardano a rendere pubblica la discussione su base concettuale arrancano nell’imporre o nel vendere la propria interpretazione. Risultato la parola ibrida è ancora oggi un termine anarchico, dove ogni persona a fronte delle proprie esperienze e ricerche è libera di proporre la propria visione. Insomma, niente di sbagliato, ma niente di giusto.

Un esercizio interessante, e anche il filo conduttore di questo scritto, è dunque tracciare una breve situazione attuale sul significato vertente la parola ibrida. Secondariamente è altresì duttile poter descrivere brevemente lo stato attuale della discussione a livello internazionale, per poi gettare uno sguardo all’interno dei nostri confini. In seguito parleremo poi dell’esercito del leviatano, unicamente allo scopo di meglio comprendere le origini linfatiche e genetiche della minaccia ibrida. Chiaramente al termine sarebbe anche utile poter tracciare una breve sintesi o definizione di questa parola. Non si tratterà, però, di mettere mano al cilindro per estrarre il classico coniglio (cioè una nuova definizione). No, al contrario. Sulla base dei documenti consultati (vedi legenda documenti) cercheremo di utilizzare colei che meglio si addice alla nostra realtà, consapevoli di suscitare sia consensi, ma anche dinieghi.

Iniziamo. Ecco una prima sorpresa o probabilmente una pura e semplice presa di conoscenza

“the theme of “hybridity” in war does not, per se, represent a new kind of war or, signify a radical departure from the past”.

Sorpresi? Letture come “Contre-Insurrection” di D. Galula[1], “Small Wars” di Charles Edward Callwell[2], come pure diverse altre letture tematiche che prendono spunto da conflitti passati, ci porterebbero automaticamente a tracciare delle similitudini con il presente e con questo nuovo termine di moda. Dunque è imperativo comprendere il passato per adattare laddove è necessario la terminologia del presente.

Contrariamente alle intenzioni di cronologia di analisi proposta, rompo gli schemi e di prima battuta vogliamo prendere in considerazione la definizione che forse meglio rappresenta il sunto di quanto successivamente andremo a scoprire.

“Any adversary that simultaneously and adaptively employs a fused mix of conventional weapons, irregular tactics, terrorism, and criminal behavior in the battlespace[3] to obtain their political objectives”.[4]

Irregular Opposing Forces, TC 7-100.3, 2014
Irregular Opposing Forces, TC 7-100.3, Department of the Army, 2014

Gli attori nel contesto ibrido, Irregular Opposing Forces[5]

La definizione lascia quantomeno ampio margine di manovra, alfine di definire o rendere concreto in seconda battuta le conseguenze sia a livello militare, sia a livello politico. Così un passo obbligatorio, dopo aver adottato ipoteticamente questo termine, sarebbe quello di identificare le conseguenze e i relativi prodotti in relazione al processo di pianificazione dell’azione. Un buon contributo è l’articolo del brigadiere Daniel Lätsch[6], nel quale, pur con alcune opinioni divergenti sul termine, propone dei concreti passi da intraprendere nel processo decisionale. Conseguenze e prodotti, non sono però oggetto centrale di questo nostro discorso. Concentriamoci ora maggiormente nell’ambito della minaccia ibrida in ambito internazionale.

L’ibrido internazionale

La recrudescenza di questa particolare forma della minaccia che si sta evidenziando in questo scorcio di secolo è marcata da una tendenza al coinvolgimento di attori non statali. Non sono da escludere però anche guerre convenzionali, asimmetriche o simmetriche, includendo anche azioni sovversive di matrice politica o sociale. Anche il concetto di deterrenza può essere inglobato nello spettro, diremmo quasi tentacolare, della forma dell’attuale trend della minaccia. Gli eserciti, reagirono o in parte reagiscono a questa minaccia multiforme basandosi su concetti e strutture tradizionali. Una prima possibile risposta volta ad affrontare con celata sicurezza è […]“improvvisare, improvvisare, improvvisare”, ogni guerra e in modo particolare ogni guerra asimmetrica è diversa dall’altra e quindi improvvisare significa anticipare, conoscere per prepararsi e agire “prima”, per riprendersi l’iniziativa[…]”[7]. Quindi è imperativo poter analizzare la minaccia della parte avversa come un sistema organizzato e interconnesso. Un possibile principio è una rafforzata ed efficiente cooperazione fra le autorità civili e militari.

Per contro l’esercito, deve essere in grado di essere maggiormente flessibile e reversibile[8] a fronte di una parte avversa in perenne cambiamento e mutamento. Questo significa la capacità imperativa per ogni esercito di possedere le necessarie competenze nel combattimento interarmi. Venendo a mancare questa capacità, la reversibilità non sarà così immediata, dove commentando l’uso dell’esercito durante la Prima e la Seconda Intifada “uno dei motivi del deficit di combattimento era da ricercarsi proprio nell’uso improprio dei soldati che per anni, erano stati usati più come forze di polizia che come esercito”[9]. Quindi per far fronte alla minaccia ibrida è importante rafforzare e analizzare ad ampio raggio la ricerca delle informazioni, essere in grado di aggiornare costantemente la propria pianificazione e i propri processi.

Come vedremo in seguito la guerra ibrida non è appannaggio solo dagli attori non statali, bensì anche degli eserciti regolari[10], sono o possono essere in grado di condurre operazioni ibride. Secondo A. Locatelli nel suo volume tecnologia militare e guerra, le forze speciali sono le unità addestrate a compiere missioni generalmente non convenzionali, (con mezzi non convenzionali) per conseguire particolare obiettivi militari o politici. Ma possono anche le unità regolari condurre operazioni ibride? Vediamo.

L’ibrido Svizzero

Recentemente in un intervento il brigadiere Gaudin (J2), ha evidenziato come

“non è più possibile essere pronti unicamente ad affrontare una minaccia convenzionale. Le minacce oggi provengono dai terroristi, dai separatisti e da organizzazioni criminali. «Essi sono spesso ben equipaggiati», afferma il brigadiere Gaudin. Egli ha inoltre illustrato le conseguenze per l’Esercito svizzero: per combattere un avversario ibrido resta indispensabile sapere come si combatte un avversario classico.”[11]

Come brevemente accennato in entrata, non esiste in questo momento una chiara definizione della minaccia ibrida. La conferma viene anche dall’annuale pubblicazione “la Sicurezza della Svizzera”, a cura del servizio delle attività informative della Confederazione (SIC), che non contempla neanche una volta il concetto di minaccia ibrida[12]. Comunque con un minimo sforzo è possibile identificare i parametri contenuti nella definizione della minaccia ibrida[13]. Il nostro esercito si basa ancora essenzialmente sul concetto di “shock, fuoco e mobilità”, quindi basato sulle minacce convenzionali. Rammentando il concetto di flessibilità e reversibilità anche per il nostro esercito, per far fronte a qualsiasi minaccia ibrida, passa per la capacità di padroneggiare “il combattimento interarme”. Ma l’esercito Svizzero è anche un esercito di milizia, e quindi è altresì importante poter definire anche se a grandi linee, la sottile linea che caratterizza la differenza fra guerra convenzionale e minaccia sotto la soglia bellica. Questa comprovata ricerca di parametri per di definire ogni tema, in questo caso la minaccia, ha il vantaggio di rendere più accessibile il significato e la comprensione del nostro cittadino-soldato. Se abbiamo visto cosa significa la reversibilità, per flessibilità intendiamo la capacita di sorprendere, cioè di operare laddove la parte avversa non se lo aspetta, costituendo degli sforzi principali, e la mobilità delle nostre forze, che ci permettano di operare velocemente in qualsiasi punto nevralgico del nostro territorio. E il nostro territorio – dove è il nostro campo d’intervento – è un elemento determinante; conoscenza del territorio, l’accettanza (o meno) della popolazione, la presenza (senso di sicurezza), sono solo alcuni elementi di analisi per affrontare un’eventuale minaccia ibrida.

Il termometro ibrido

A fronte della definizione presa in considerazione, possiamo così ora identificare gli attori che la caratterizzano; attori convenzionali, irregolari, il terrorismo, e la criminalità organizzata. Il grado di ibridità sarà così da definire, valutando i diversi attori. In aggiunta e come mantello nebuloso, potremmo anche ipotizzare di aggiungere un altro attore; gli opportunisti. Come ben documentato dalle esperienze Afgane, la popolazione collabora sì con l’ISAF, ma anche con i Talebani. Il senso di sicurezza, stiamo parlando in termini della piramide di Maslow; infatti, fa si che il pendolo della collaborazione si sposta in funzione della sicurezza/minaccia. Seppur con tutte i limiti di comparazione, è possibile rilevare che per ovviare a questa fastidiosa possibilità, la presenza capillare sul terreno e la conoscenza non solo del terreno, ma anche della popolazione (e i diversi strati e culture), sono un fattore base. L’approfondita conoscenza del terreno (come ambiente) è un elemento chiave per una corretta comprensione della realtà. La conoscenza del terreno non è però, solo appannaggio del servizio d’informazioni, bensì di tutti i capi (qualsiasi livello)[14]. È un’esigenza! E aggiungo, oggi più che ieri, anche del singolo combattente.

La minaccia ibrida è quindi una mescolanza dei seguenti attori (sintesi della minaccia ibrida [15]):

  • Minaccia convenzionale (forze regolari che fanno capo a un’istituzione riconosciuta).
  • Terrorismo (perseguono diversi scopi con l’intenzione di destabilizzare il potere attuale).
  • Criminalità organizzata (perseguono profitti, approfittando a volte dalle debolezze del sistema politico-istituzionale).
  • Formazioni irregolari (conducono operazioni contro forze regolari, per ottenere scopi prettamente politici).
  • Opportunisti (cambiano bandiera o campo ogni qualvolta si rende necessario – bisogno di sicurezza personale).

L’esercito “leviatano”

Per esercito leviatano, intendiamo quell’organizzazione in mano allo stato e forte del potere di coercizione, organizzato e che opera secondo tattiche e operatività consolidate. Ma “durch den Hybridkrieg, d.h. mit Hilfe der Anwendung unkonventioneller Taktiken gegen konventionelle Taktiken (Small Wars), kann die gegnerische Seite ebenfalls viele Vorteile daraus ziehen, wobei der Militärapparat manchmal daran gehindert wird, auf dem eigenen Boden erfolgreich zu operieren.“[16]

La guerra ibrida però può a questo punto essere vista “come uno sviluppo del concetto di “Small Wars” e del concetto del “Three Block War” e successivamente “Four Block War”, dove secondo un articolo pubblicato su fusiorari.org del 2011 scritto da Matteo Zaupa “diversi tipi di tattiche e strategie finiranno per convivere, mischiarsi e confondersi in tutti i livelli delle operazioni”[17].

In questo nuovo tipo di guerre, definite “Hybrid Wars”, l’avversario sarà costituito sia da forze statali regolari sia da elementi irregolari. Esso sarà in grado di utilizzare le tattiche e le strategie della guerra convenzionale e, dove necessario, di ricorrere agli strumenti della guerra non convenzionale. Modulerà l’azione in base alle esigenze di teatro e potrà passare dallo scontro diretto alle tattiche indirette della guerriglia e del terrorismo. Accompagnerà azioni di sostegno e di supporto alla popolazione ad attività di contrabbando, criminali e illecite per destabilizzare i governi o finanziare le operazioni. Al limite saprà fare affidamento su una sapiente azione diplomatica per cercare di accreditarsi come interlocutore credibile presso la comunità internazionale e ottenerne il sostegno. Oggi gli attori non statali sono entrati in possesso di sistemi d’arma un tempo appannaggio dei soli stati nazionali, mentre questi ultimi non disdegneranno di fare sempre maggior ricorso a strategie non convenzionali. I confini tra guerre regolari e irregolari stanno divenendo sempre più sottili.[18]

Dove ancora una volta e secondo Zaupa, conoscere e comprendere per riuscire ad agire “prima e bene”, mantenendo la capacità d’iniziativa è decisivo. Sempre secondo l’articolista, “la vittoria sul campo di battaglia non sempre si traduce in una vittoria politica”. In altre parole, significa che, “il momento dello scontro, ormai non è più importante di quello della pacificazione e della ricostruzione postbellica”.[19] Altrimenti detto, il binomio e la simbiosi nell’intendere e agire fra potere politico e militare è, e sarà sempre più determinante. Rileggere brevemente la storia del conflitto del Vietnam può sicuramente aiutare a meglio inquadrare non solo il contesto ibrido, ma anche le conseguenze nel non comprendere appieno l’ambiente; “we will (Vietcong) win the war politically not military”[20]. Gli unici che non capirono il senso di questa frase furono proprio gli americani. Ma questa è un’altra storia.

La pianificazione dell’azione e l’elemento ibrida

Forti della definizione e del barometro ibrido, dobbiamo ora solo fare affluire le informazioni nella pianificazione dell’azione. Il brigadiere Lätsch nel suo articolo pubblicato nell’ASMZ dal titolo eloquente “Hybride Kriege”[21] ci viene in aiuto. I seguenti punti, sono il riassunto delle conseguenze che si riferiscono al processo di pianificazione della condotta:

  • Comprensione del problema: determinazione delle linee direttrici per quanto riguarda la ricerca delle informazioni nel terreno, il grado di preparazione della truppa e la protezione delle proprie installazioni.
  • Analisi della situazione: il focus è sulla minaccia convenzionale che include anche la forma dell’azione e gli attori nel contesto ibrido, come pure i possibili effetti (descrizione accurata della parte avversaria).
  • Sviluppo dei piani: Nell’evoluzione della situazione, bisogna imperativamente (continuamente e in forma proattiva) tener conto sia della possibilità convenzionale, come pure degli altri elementi ibridi identificati.
  • Cooperazione: monitoraggio regolare del terreno (ricerca delle informazioni), con il supporto attivo degli organi civili.
  • E infine, nell’istruzione mirata all’impiego, è importante porre l’accento sulla protezione delle infrastrutture e della truppa.

Nell’ambito del servizio delle informazioni dovremmo inevitabilmente notare un incremento dell’importanza della capacità di analisi sia del terreno, sia della situazione sul terreno e dei diversi attori coinvolti (pro / contra). Probabilmente però è altresì interessante localizzare anche lo spettro di questa minaccia ibrida. Preso in conoscenza i vari attori che la compongono, possiamo quindi asserire che questa minaccia è principalmente da trovare nelle (sempre più grandi) zone urbane. Da questa considerazione nasce l’esigenza di un’accresciuta collaborazione e della definizione di un modus operandi nel pianificare e nel condurre le operazioni. La seguente tabella, ci mostra alcuni fattori da considerare per comprendere, valutare, pianificare e condurre operazioni in zone urbane:

Urban_Environment
Joint Urban Operation, Joint Publication 3-06, Nov 2014, B3, Assessment.

Urban Environment Factors[22]

La sintesi ibrida

Sarebbe però di dubbia utilità trattare la componente ibrida, come un problema separato. Da una parte l’ibrido, dall’altra il convenzionale. Abbiamo visto che l’ibrido è una conseguenza di diversi fattori è frutto di esperienze storiche che interconnessi le une alle altre, agiscono e caratterizzano la parte avversaria. Oggi forse meno convenzionale e asimmetrica, domani più convenzionale. Ma purtroppo la certezza della sfera di cristallo è e resta una favola. Il nostro compito – a fronte di qualsiasi minaccia – è quello di essere sempre pronti e di garantirci la libertà di azione e di movimento. Flessibilità e reversibilità. Ancora una volta. La minaccia ibrida è un trend maledettamente moderno, ma dalle caratteristiche vintage, dove l’anima ibrida è semplicemente un déjà-vu che veste abiti confacenti al nostro tempo. Leggere la storia per capire il presente e preparare il futuro. Ma anche quest’ultima frase non è nuova.

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[1] Galula David. Contro-Insurrection – Théorie et pratique. Economica. ISBN 978-2-7178-5509-8.

[2] Callwell Charles E. Small wars. Teoria e prassi dal XIX secolo all’Afghanistan. Curatore Beccaro M.A, Editrice Goriziana, 2012. Per un approfondimento sulla definizione vedi: http://smallwarsjournal.com/blog/what-is-a-small-war (stato 10.05.2014).

[3] The environment, factors, and conditions that must be understood to successfully apply combat power, protect the force, or complete the mission. This includes the air, land, sea, space, and the included enemy and friendly forces; facilities; weather, terrain; the electromagnetic spectrum; and the information environment within the operational areas and areas of interest. See also electromagnetic spectrum; information environment; joint intelligence preparation oft he battlespace. (www.militaryfactory.com, stato 08.05.2014).

[4] Col Frank G. Hoffmann, US Army.

[5] Figura 1: Irregular Opposing Forces, TC 7-100.3, Department of the Army, January 2014, pag V.

[6]Lätsch Daniel, Brigadier. Hybride Kriege – was nun?“, ASMZ Nr. 07, Juli 2013, S. 36-39.

[7] Tirabassi Leonardo. La guerra non è cambiata anche se è diventata „ibrida“ e asimmetrica. L’Occidentale (www.loccidentale.it, stato 13.06.2014).

[8] La reversibilità è la capacità di un processo (o dei una decisione) di tornare al punto di partenza “senza lasciare delle tracce”.

[9] Tirabass. La guerra non è cambiata anche se è diventata „ibrida“ e asimmentrica.

[10] Carati, Andrea. Hybrid wars: Obama e le nuove forme della guerra. ISPI – Policy Brief, N. 170, dicembre 2009.

[11] http://www.vbs.admin.ch/internet/vbs/it/home/aktuell/mitteilung/140509.html (Stato 10.05.2014).

[12] Servizio delle attività informative della Confederazione SIC. La sicurezza della Svizzera. Rapporto sulla situazione 2014.

[13] La sicurezza della Svizzera 2014, pag 7.

[14] Ricks E. Thomas. The generals, American Military Command from World War II to Today. The Penguin Press, 2012. ISBN 978-1-59420-404-3, pag 181.

[15] La sintesi è a seguito di diverse letture e di presentazioni che analizzavano la minaccia ibrida.

[16] www.rappazzo.org, Stand 05.2014

[17] Zaupa Matteo. Le guerre del futuro, i conflitti asimmetrici – Parte II. www.fusiorari.org (stato 13.06.2013).

[18] Le guerre del futuro, i conflitti asimmetrici – Parte II.

[19] Le guerre del futuro, i conflitti asimmetrici – Parte II.

[20] The Generals, pag 283.

[21]Lätsch Daniel, Brigadier. Hybride Kriege – was nun?“, ASMZ Nr. 07, Juli 2013, S. 36-39.

[22] Joint Urban Operation, Joint Publication 3-06, Nov 2014, B3, Assessment.

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