I sette vizi capitali dei lavori di stato-maggiore

Lussuria. Gola. Avarizia. Accidia. Invidia. Superbia. Ira. I sette vizi capitali. Come interpretare i lavori di uno stato-maggiore di battaglione mettendoli a confronto con i sette vizi capitali. Gli equilibri di un gruppo. La ricerca del valore aggiunto. L’essenziale e il superfluo.

Giornalmente sono confrontato con la tematica, la metodica, la dialettica, come pure con le finezze legate al processo decisionale. In concreto: i lavori di uno stato-maggiore di un battaglione. Grazie anche all’esperienza di condotta che ho accumulato durante gli anni presso la milizia e in ambito professionale, cerco constantemente di raggiungere una migliore efficienza ed efficacia nel comprendere, aggiornare, interpretare e mettere in pratica i diversi processi. Cerco insomma di scoprire, percorrere, esplorare sempre nuove strade. Queste vie esplorative sono a mio avviso necessarie per restare aggiornati, così anche per poter leggere con occhio critico i regolamenti, e i vari testi tematici basati da esperienze reali. Insegnare o trasmettere significa anche evitare agli allievi di commettere “passi falsi”, cioè non necessariamente utili o necessari ai fini del raggiungimento dell’obiettivo, ovvero la presa di decisione e la conseguente data d’ordine ai subordinati. Cosa si intende per “passi falsi”? Semplicemente, intendiamo evitare errori tattici, cioè quegli errori che risultano incongruenti nella relazione fra la forza, fra il settore e il tempo. Un esempio di errore potrebbe essere quello di pianificare uno sbarramento con mezzi insufficienti, in un compartimento non idoneo per l’impiego delle armi a disposizioni. Evitare i “passi falsi”, però significa anche poter fare degli errori. Errori che sono necessari per meglio comprendere e adattare constantemente i propri processi, i metodi di lavoro e in sostanza il poter accrescere il proprio pensiero tattico. L’accento quindi è posto sulla via che conduce all’obiettivo anziché soffermarsi troppo sulla giustezza o meno (sempre che sia possibile) della decisione. In definitiva un obiettivo primario dell’istruzione è quella di mettere in condizione la persona a svolgere una missione in modo autonomo, da una parte e nel contesto di uno stato-maggiore, dall’altra a favore del proprio superiore.

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Così l’idea di leggere in chiave metaforica i sette vizi capitali legati ai lavori di stato-maggiore, mi è sembrata un’idea interessante, semplice e stimolante alfine di identificare i comportamenti controproducenti che impediscono il raggiungimento di un risultato efficiente ed efficace. I lavori di uno stato-maggiore non devono trasformarsi in uno spettacolo di teatro, bensì questi ultimi perseguono l’obiettivo principe di appoggiare le intenzioni del proprio comandante, colmando le informazioni mancanti, proponendo varianti valide per la sua attuazione. Per correttezza di cronaca, l’utilizzo di questa metafora descrittiva, è a seguito della lettura di un articolo apparso sulla rivista militare statunitense “Army Sustainment”[1] che a sua volta l’articolista aveva fatto sua riprendendola da un forum dove aveva preso parte.

Così, come il mio predecessore si è dilettato a descrivere i setti vizi capitali per la logistica, io riprendo l’idea e tento di tracciare una possibile definizione dei sette peccati capitali in ambito dei lavori di stato-maggiore.

Hieronymus Bosch o imitatore, 1500-1525 circa, olio su tavola, 120×150 cm
Hieronymus Bosch o imitatore, 1500-1525 circa, olio su tavola, 120×150 cm

Lussuria[2] – crogiolare nell’illusione che la sola forma sia utile alla pianificazione e alla ragion d’essere di uno stato-maggiore.

Gola[3] – volere fare troppo, volere tanto e credere di essere il depositario della verità. Limitare la libertà d’azione dei propri subordinati a proprio vantaggio.

Avarizia[4] – non divulgare informazioni o know-how. Non condividere esperienze e documentazione.

Accidia[5] – Lavorare solo su ordine, senza volontà e senso del dovere. Essere superficiali nel modo di agire e di rapportarsi. Accontentarsi della mediocrità. Reagire invece di agire.

Invidia[6] – Evitare di confrontarsi costruttivamente con altre realtà e mostrare supponenza verso altri modi di agire e pensare. Per fini personali la collaborazione è stralciata dal vocabolario.

Superbia[7] – assurdo campanilismo di truppa d’arma o di SM. Credere di essere i migliori. Non restare aggiornato con i tempi. Non mettersi mai in discussione. Essere teatrali.

Ira[8] – Essere penetranti nel modo di comunicare. La cultura di lavoro è dominata da paura e remissione. Ogni cambiamento è percepito con malumore.

I lavori di stato-maggiore per essere efficienti ed efficaci, necessitano di esercizio. Drill, drill, drill e ancora drill. Ogni anno lo stato-maggiore deve essere esercitato. Il migliore modo per esercitare lo stato-maggiore, oltre agli esercizi di stato-maggiore e o in abbinamento a esercizi di truppa, è quello di vivere i lavori durante tutto l’arco dell’anno e del corso di ripetizione. Così la preparazione di un corso di ripetizione è un “processo di pianificazione dell’azione”, mentre lo svolgimento del corso è niente di meno che un “processo della condotta dell’azione”. In questo modo lo stato-maggiore, prende sempre più confidenza con i metodi e in breve tempo processi e dinamiche diventano assodate. Avere dei processi e dinamiche assodati, significa poter proseguire il cammino dell’efficienza ed dell’efficacia. Significa risolvere problemi sempre più complessi nel minor tempo possibile. Allenarsi dunque. Sempre. Mettersi sempre in gioco.

Fra il serio e il faceto i punti sopra citati, non vogliono essere esaustivi in tutto e per tutto, ci mancherebbe altro. Peccheremmo di superbia! Quanto sopra descritto, ci fa però riflettere sicuramente sull’essenza e dell’importanza del saper lavorare in un gruppo. Sotto pressione di tempo, in condizioni non sempre ottimali, lo stato-maggiore deve essere in grado di generare un plusvalore a favore del comandante, ma anche per la truppa. Riassumendo per garantire una possibilità di successo, lo stato-maggiore deve pianificare un’azione – probabilmente non perfetta – ma entro un tempo determinato. La soluzione perfetta purtroppo – fortuna a parte – non è amica del tempo.

Un possibile antidoto per non cedere a questi peccaminosi vizi consiste nel seguire o nel vivere in prima persona, i seguenti principi:

Drill– Vivere i lavori di stato-maggiore. Esercitarsi regolarmente.

Prova – Mettersi sempre alla prova. Non aver paura di sbagliare.

Costruire – Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme è un successo[9]. Ogni gruppo ha una propria dinamica, un proprio percorso. Gestire il gruppo, far crescere il gruppo è un imperativo.

Valorizzare – rafforzare i punti di forza, indebolire o neutralizzare le debolezze. Dobbiamo innanzitutto utilizzare le risorse a disposizione per valorizzare i punti di forza di ognuno. Laddove è possibile e necessario cercheremo di emarginare o perlomeno circoscrivere le debolezze.

Apertura – essere aperti mentalmente ed intellettualmente. Tenersi sempre aggiornati, cercare nuove strade da percorrere. Cercare nuove soluzioni. Essere flessibile.

Processi – Definire i processi. Ricercare l’agilità e l’utilità. Valutarne regolarmente l’utilità. I processi se non controllati, sono come un virus. Si espandono. L’essere efficace non è sinonimo di efficienza. Noi vogliamo essere efficienti ed efficaci.

Agire – Agire invece di reagire. Non aspettiamo un ordine che sappiamo imminente. Cerchiamo di essere sempre un passo in avanti agli avvenimenti. Non lasciamoci cogliere dalla sorpresa. Non accontentiamoci della mediocrità.

Credere – Credere in quello che si fa. Credere nel gruppo. Credere nel successo.

Essere – Il nostro ruolo all’interno dello stato-maggiore non è fine a se stesso. Noi siamo al servizio degli altri. Al servizio del comandante, al servizio della truppa, al servizio della nostra missione.

Esigere – da noi stessi, dai nostri subordinati. Non aver paura di chiedere. Non aver paura di essere criticato e di criticare. Esigere una cultura di lavoro improntata sulla stima, collaborazione e esigere di essere sempre pronti. Pronti al nuovo. Pronti all’ignoto.

Il (mio) concetto di forma-contenuto-precisione, rappresenta una breve sintesi di quanto sopra descritto. Per forma intendo l’organizzazione, i processi, lo spazio di lavoro, l’ordine. Per contenuto intendo, l’attualità di tutti i documenti in uso, la preparazione e l’esecuzione dei rapporti (plusvalore), mentre per precisione, intendo rendere concreto le conseguenze e le decisioni facendoli confluire nelle decisioni, nei pensieri di ogni passo successivo. Si tratta di poter trasformare i pensieri e le decisioni in una forma impeccabile di precisione concettuale. Troppo spesso invece si costata che i soli buoni propositi, le buone decisioni, intuizioni sono poco utili se in seguito vengono per così dire dimenticate.

Probabilmente non è tutto. Sicuramente c’è ancora dell’altro. Uno stato-maggiore che perde di vista il suo obiettivo, che non si mette a confronto, che non lavora per il proprio comandante, uno stato-maggiore senza una spina dorsale è solo una perdita di tempo, uno spreco di risorse e un pericolo per i propri subordinati.

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[1] Shapiro Steven A. Brig. Gen. The seven deadly sins of sustainment. Army Sustainment, October-December 2013, S. 4-5.

[2] lussuria (desiderio irrefrenabile del piacere sessuale fine a se stesso).

[3] gola (meglio conosciuta come ingordigia, abbandono ed esagerazione nei piaceri della tavola, e non solo).

[4] avarizia (scarsa disponibilità a spendere e a donare ciò che si possiede).

[5] accidia (torpore malinconico, inerzia nel vivere e nel compiere opere di bene).

[6] invidia (tristezza per il bene altrui, percepito come male proprio).

[7] superbia (desiderio irrefrenabile di essere superiori, fino al disprezzo di ordini, leggi, rispetto altrui).

[8] ira (irrefrenabile desiderio di vendicare violentemente un torto subito).

[9] Henry Ford, costruttore – citazione.

2 commenti su “I sette vizi capitali dei lavori di stato-maggiore”

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