La carriera, senza la responsabilità della condotta

È un classico. Quando si pensa alla carriera – e questo soprattutto in ambito militare –  si è inclini a credere che per arrivare in alto, si debba passare per le diverse tappe legate al comando. Ma non tutti sono tagliati per comandare. Non tutti sanno dare il proprio meglio in relazione alla condotta degli uomini – o in civile – del personale. La carriera di un ufficiale di professione è legata ancora oggi purtroppo alle varie tappe di comando. A mio avviso è giunto il momento di cambiare rotta. Si può essere ufficiali di professione – ottimi ufficiali di professione – anche non passando per la via del comando. L’esercito – e come tale organizzazione – non ha bisogno solo di condottieri validi, bensì anche e soprattutto (in percentuale) di ufficiali che sanno dare il proprio meglio come aiuti di comando o come responsabili di un ambito tecnico. Tale valenza la si è anche riscontrata in ambito civile (NZZ, 11.10.2009 – Laufbahn ohne Personalführung). Probabilmente è giunto il momento di separare le carriere in due; la via della comando e la via tecnica o di aiuto al comando. Un anacronismo nell’esercito è la formazione di Stato Maggiore Generale. La formazione è focalizzata sui lavori di stato maggiore, ossia produrre concetti, relazioni piani a favore del comandante. La realtà però vuole che per accedere a questa scuola sono valutate esclusivamente – o quasi – le capacità di comando. Questo fattore determina poi in seguito una considerevole discrepanza negli output e nella prestazione del team – insomma tutti vogliono farsi valere come capi, perdendo la vera sostanza; cioè essere un aiuto per il proprio comandante. A questo punto sarebbe auspicabile una pianificazione della carriera, già dai primi passi nella direzione di ufficiale professionista. Nessuna strada è meglio dell’altra; le due sono interdipendenti e complementari, ma soprattutto le due sono due validi percorsi professionali.

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