Il Dio denaro. Il popolo e le idee. Lo sport quale macchina da soldi. La mobilitazione del tifoso per salvare una squadra. Il ruolo delle società o del filantropo. Lo stato e le infrastrutture. L’ecologia.
Dopo queste poche righe introduttive, sorge sicuramente la domanda se sto impazzendo, oppure se la mia machiavellica mente vuole giocare brutti scherzi. Lo sport, lo stato, i soldi, le infrastrutture e l’ecologia sono elementi che mi fanno riflettere su una semplice domanda. Perché siamo motivati da una parte e renitenti dall’altra? Motivati e renitenti per cosa …. ? A cambiare le cose! Domanda vaga, a cui cercheremo insieme di dare una risposta. Ma oggi, ci concentreremo esclusivamente sul tema sport. Le altre riflessioni saranno oggetto di prossimi interventi. Pazienza! Ci vuole anche il suo tempo. Scrivere è maledettamente bello ma impegnativo.

Il Denaro è l’unico Dio che si vede ed i suoi adepti se ne guardano bene dal rinnegarlo (Carl William Brown).
Perché per lo sport si riesce a mobilitare la gente, il tifoso, una città … per trovare il denaro? E perché per cambiare il volto di una città, per renderla più moderna, innovativa, ecologica si va a sbattere contro un muro? Di primo acchito non penso che sia solo una questione di volontà. Tutti vorrebbero avere una città pulita, con dei servizi pubblici veloci, efficienti e capillari. Tutti – o quasi – vorrebbero avere piste ciclabili, servizi di raccolta rifiuti celere e se possibile molto discreti. Tutti vorrebbero avere scuole moderne, stazioni pulite. Il centro storico senza auto. Potrei continuare all’infinito. Certo ci sono anche coloro che non gliene può fregare niente. Detto in altre parole:
individualisti.
In questa breve riflessione, consumatasi tra un caffè, una brioche e le grida di mia figlia che vuole la sua attenzione, cercherò di dilettarmi molto succintamente sulla tematica dello sport e dei soldi. Tutto questo percorso avrà una constante. Il dio denaro. Denaro che è una constante della nostra società. Senza soldi, niente socialità. Senza soldi, tanti problemi. Bella la frase che dice; “i soldi non sono tutto”. Condivido, ma solo in parte.
La forza dello Sport
Non è raro che una squadra sportiva di un qualsiasi sport calcio, hockey, pallacanestro e altri ancora, ciclicamente sprofondino nelle più profonde cifre rosse. Buchi milionari per pagare giocatori e garantire alla squadra un futuro. Tutti gridano allo scandalo. E a volte alcune di queste società cadono e si fanno male (ultimo esempio è AC Bellinzona). Molto male, o meglio R.I.P. A volte invece si mobilitano i fans club locali o nazionali. Insomma un grande numero di tifosi che mette mano al portafoglio. Tifosi di ogni età e di ogni portafoglio, uniti per salvare una squadre. La squadra del cuore. Mi si permetta di evitare esempi, perché la stampa o internet è sicuramente una migliore e più esaustiva fonte di informazione. Soldini, soldi e soldoni. Parliamo anche di milioni. Milioni di franchi svizzeri che vengono racimolati per salvare una squadra. Non è forse bello? Non è forse un bel gesto? La squadra è salva ed ora via ancora una volta si riparte con molte speranze di rivincita. Rivincita societaria, ma anche di rivincita sportiva. Il tifoso vuole risultati, grandi risultati. Vuole vincere. In un certo qual senso questo comportamento volto a salvare la squadra è pregevole. Intorno alla squadra di turno si mobilita una base. E questa base a volte riesce a centrare l’obiettivo. Insomma una grande mobilitazione, un grande ideale. Questo è lo sport. Tutti uniti.

Ma il solo tifoso o i soli tifosi anche se numerosi, possono come già accennato mobilitare, accendere i cuori, attirare l’attenzione dei media, ma senza l’aiuto di società, medie e grandi aziende o filantropi a cui fa a capo una consistente somma, non potrebbero avere successo. Lo sport di oggi non è più proprio amatoriale! Ogni franco speso ha un suo valore strategico. Visibilità, accesso a mercati, investimento e profitti. Comunque sia, tutti con uno scopo. Lo sport è proprio una macchina da soldi e di soldi. Tutto è possibile! Così sono oggi le società sportive di punta. Per queste ultimi è comunque chiaro, lampante e cristallino il dover anche gestire le stesse con piglio economico ed essere consapevoli dell’ambiente in cui si opera. Tradotto:
evitare megalomanie.
Ora un esempio legato alle competizioni continentali di calcio: Champions League ed Europa League, ecco quanto valgono le partecipazioni alle competizioni europee. E si parla di cifre monstre: oltre 900 milioni di euro per la massima competizione europea, quasi 210 per la vecchia Coppa Uefa. A margine dei sorteggi dei play-off, a Nyon, la Uefa ha pubblicato le cifre finanziarie dei suoi tornei. I ricavi globali della Champions League, ovvero quelli derivanti anche dalla vendita centralizzata dei diritti tv e dal marketing, generano un totale di 1.34 miliardi di euro. Il che rende chiaro quanto sia necessario qualificarsi per l’Europa che conta (fonte dell’estratto: www.brividosportivo.it, stato 11.02.2013).
Ecco perché è imperativo, anche per le squadre Svizzere, partecipare a questo tipo di competizioni. Il conseguente guadagno – o non guadagno – può influire pesantemente sui bilanci della società. Tornando in punta di spillo sulle squadre ticinesi di calcio. Ora il Bellinzona è sparito giochi che contano. Non lo auguro, ma mi piacerebbe vedere cosa succederebbe se anche Chiasso, Locarno e Lugano dovessero cedere (sparire, retrocedere, fallire …). Probabilmente – e forse solo allora – il campanilismo farebbe posto al più ben conosciuto motto dei tre Moschettieri “Tutti per uno, uno per tutti”. Doverosa precisazione: non sono contro il campanilismo. Se vogliamo una squadra per angolo di cantone, dobbiamo solo renderci conto delle conseguenze. Tutto è possibile. Comunque, che sia FC Ticino o FC “Dio Denaro” poco importa. Così come è oggi, il calcio ticinese non esprime tutte le sue potenzialità. Tradotto ancora una volta:
il talento è sprecato.
Sicuramente c’è anche altro. Lo so. Ma per il momento è tutto. Lo sport mobilita. Lo sport coinvolge. Lo sport fa parte della nostra società, lo sport ha preso il posto delle arene dei gladiatori e dei combattimenti epocali. Lo sport ci fa anche sognare.
Lei ha aperto il post con una domanda (“Perché preferiamo migliorare le finanze della nostra squadra del cuore piuttosto che i servizi pubblici”) e l’ ha chiuso con una frase (“Lo sport ci fa anche sognare”) che a mio giudizio contribuisce a rispondere a quella domanda. Mi spiego meglio.
Le persone a livello razionale sanno benissimo che, se vogliono investire i propri soldi in attività filantropiche, ce ne sarebbero tante molto più meritevoli di attenzione rispetto allo sport. A livello emotivo, tuttavia, questa graduatoria viene sovvertita, perché lo sport, grazie alle emozioni e ai sogni che riesce a creare, riesce ad attirare le persone (e di conseguenza i loro investimenti) con molta più forza di quanto potrà mai farlo una pista ciclabile o un servizio di raccolta rifiuti celere.
E’ questo il motivo per cui molte persone non darebbero un centesimo in più del dovuto per migliorare i servizi pubblici della propria città (anzi, magari si ingegnano per pagare meno di quanto dovrebbero), mentre per la propria squadra del cuore sarebbero disposti a rimanere in mutande. La convince la mia interpretazione?
Risposta limpida e cristallina. La chiusura del mio contributo è da ricondurre più ad una valutazione emozionale e non razionale. Lo sport sa coinvolgere. Nella storia lo sport era rappresentato dall’arena. Dove i gladiatori erano i protagonisti. L’arena, lo sport è una valvola di sfogo della società. La pista ciclabile, le strade pulite, le infrastrutture pubbliche sono un dovuto. Meglio se però il singolo non paga …
Purtroppo non sono un filantropo. Sicuramente mi concentrerei maggiormente sulle infrastrutture, sulla crescita di una comunità. Ma forse sono un visionario. Forse la mia è solo utopia.
Ci sono dei momenti nella storia, dove una comunità si stringe attorno ad un ideale e da seguito ad una crescita comune. Ma questi momenti sono pochi, e di regola fanno seguito a calamità naturali o provocati dall’uomo. A volte ho l’impressione di vivere in un periodo dove la storia è stanca, la comunità è stanca. Non c’é voglia di progresso collettivo, di progresso sostenibile. Ognuno è occupato a risolvere i propri problemi. Lo sport, come detto, è una valvola di sfogo. Forse è giusto anche così. Ma anche se la mia è pura utopia, ci credo. Il nostro ambiente ha bisogno di più filantropi che di magnati dello sport.
In effetti viviamo in un’ epoca dove l’ edonismo e l’ egoismo imperversano, e questo impedisce la realizzazione un progresso collettivo. Anzi, impedisce la realizzazione di qualsiasi cosa a livello collettivo, perché ognuno pensa al proprio utile e al proprio piacere.
Ad ostacolare il cammino verso il progresso c’é anche la tendenza (anch’ essa sempre più radicata) a piangersi addosso: ad esempio, vedo che molti parlano di crisi economica per il gusto di parlarne, senza tirare fuori una o più proposte utili per uscirne.
Quando parla di progresso sostenibile, Lei utilizza un’ espressione tipica del linguaggio ecologista. I temi dell’ ecologia mi stanno molto a cuore, ed é per questo che mi dispiace constatare che la crisi ambientale non ottiene il risalto mediatico che merita, perché é messa in secondo piano dalla già citata crisi economica.
Spesso tra l’ altro i rimedi utili per l’ una sono dannosi per l’ altra: delle soluzioni vantaggiose per uscire dalla crisi economica peggiorerebbero però la situazione ambientale, e viceversa.
La difficile scelta tra economia ed ecologia é un tema sempre più urgente: le potenze mondiali stanno rinviando la questione da molto tempo (basti pensare al forfait degli USA al summit di Johannesburg del 2002), ma presto, molto presto questa tattica del rinvio dovrà lasciare spazio a delle prese di posizione nette e decise, oppure a delle strategie che mirino a realizzare un difficile compromesso tra economia ed ecologia. La ringrazio per la piacevole discussione.
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