La globalizzazione della guerra classica

La parola globalizzazione è, da ormai diversi anni, oggetto di controversie; i fautori ne evocano l’importanza e gli effetti benefici connessi, mentre i contrari ne evidenziano possibili conseguenze apocalittiche. Al di là degli aspetti ideologici in cui ognuno ha ragione e ognuno ha torto, la domanda che vogliamo affrontare ora è se la globalizzazione ha un effetto riduttivo sullo spettro o il rischio di una guerra simmetrica o dissimmetrica; ossia il confronto fra due entità statali, detentrici del potere riconosciuto.

Cause ed effetti

La fine del confronto bipolare nel 1989, ha avuto nell’occidente un effetto peace and love. In effetti, si è assistito in occidente ad una diminuzione dei dissapori intestatali. Le aspettative di un mondo migliore e più tranquillo però sono state azzerate l’11 settembre 2001. Questa data è comunque solo un tassello, una pietra miliare, rappresentante un’assopita minaccia, quella asimmetrica, che grazie a questo evento ha trovato nuova linfa.

Prima di continuare sono necessarie alcune considerazioni sul concetto della simmetria e sulla guerra in generale. La figura sottostante è di per sé esplicativa, purché si tenga conto che le definizioni e il codice semantico utilizzato è prettamente di stampo occidentale. Probabilmente però il significato viene percepito differentemente da altri attori. Ciò che per noi è terrorismo per la controparte può essere rivendicazione, e così di seguito. Bisogna tenere conto che la parte avversa combatterà la propria guerra seguendo non la nostra dottrina, ma piuttosto cercando di aggirare i nostri metodi per ottenere vantaggio. Maggiore è il baratro delle forze in campo, tanto più è importante per la parte più debole sviluppare tattiche e strategie alternative, evitando un confronto classico e rispondendo con tecniche inaspettate. Insomma da un lato c’è la nostra tattica e visione, ma sul piano tattico-strategico non si può dimenticare che ognuno combatte in base alle proprie caratteristiche e senza per questo dover adottare il significato della condotta della guerra della parte avversa.

Una guerra è sempre una guerra, e questo indipendentemente dalla sua forma(1) regolare o irregolare, simmetrica, asimmetrica o disimmettrica, convenzionale o non convenzionale che sia. La guerra è come un virus, si adatta, cambia, muta scompare e ricompare. Gli attori mutano di conseguenza e si adattano al nuovo limes(2). Ma ai fini del nostro discorso vogliamo soffermarci sul rapporto fra la globalizzazione e la guerra convenzionale. Prima di continuare però è utile osservare che in ambito internazionale il termine simmetria – confronto fra stati – e il termine asimmetria – nuovi attori sono la regola. Per contro il termine disimmetria è quasi sconosciuto e utilizzato principalmente dal nostro paese.

La globalizzazione crea interdipendente tra i diversi attori e questo ha conseguenze dirette sulla guerra classica. L’utilizzo della forza verso uno o più contendenti globalizzati causa nefaste conseguenze sullo sviluppo economico, l’approvvigionamento energetico, la produzione, la gestione e la stabilità dei mercati di tutti i paesi. Questo può essere giudicato un effetto positivo della globalizzazione, in quanto anche le grandi potenze sono costrette a gestire con maggior tatto la propria politica estera e l’uso che fanno della forza militare.

Se osserviamo bene il panorama geopolitico planetario, notiamo che i conflitti sia simmetrici che dissimmetrici, hanno luogo esclusivamente tra attori globalizzati da un lato contro attori non globalizzati dall’altro, o fra stati al di fuori del giro “globale”. La partecipazione degli stati globalizzati è spiegabile in generale con la necessità di assicurare a lungo termine le risorse principali e spesso coperta da motivazioni di tipo umanitario.

A questo punto sembra legittimo domandarsi se la minaccia simmetrica rispettivamente dissimmetrica è per sempre sepolta nei bui ricordi del genere umano. No. Questa è la risposta che purtroppo ci dobbiamo dare. Il contesto attuale è caratterizzato dalla lotta al terrorismo e di conseguenza da un forte ripensamento sulle strutture e sulle dottrine di impiego della forza. Ma all’orizzonte si delinea sempre più un panorama policentrico. Gli Stati Uniti sono e saranno ancora per molto tempo una nazione dominante; ma come la storia ci insegna gli imperi, di qualunque forma, sostanza ed egemonia, prima o poi sono destinati al declino. Nazioni emergenti come la Cina, la Russia, probabilmente l’Unione Europea senza dimenticare l’America Latina, sono destinate a cambiare nuovamente le coordinate geopolitiche dei prossimi decenni.

Viene da chiederci se per esempio una potenza emergente come la Repubblica Popolare Cinese non globalizzata, isolata sia più un bene o un male. Viene da chiedersi se il formarsi di macro regioni possa innescare uno sviluppo basato sul confronto, aperto o soffuso che sia. Probabilmente il globale visto da un punto di vista di interdipendenze ha i suoi vantaggi. Una competizione a porte stagne, le cui stanze sono caratterizzate da diversi nuovi potenti ed rampanti attori invece potrebbe condurre a una recrudescenza della guerra classica.

Un ulteriore aspetto utile al nostro discorso è sicuramente il fattore economico. Il periodo attuale coincide con l’implosione del sistema liberale economico mondiale ispirato dal modello americano. L’economia è globale e l’interdipendenza economica è una realtà. Gli Stati Uniti d’America per esempio sono i più grandi debitori del mondo(3) e tanto per ritornare alla Cina, quest’ultima vanta crediti considerevoli che ne fa così un banchiere di tutto rispetto. Questo aspetto di interdipendenza economica fa sì che “nelle fasi di tensione politico-militare tra la superpotenza in declino (gli USA) e la superpotenza in ascesa (la Cina), questo aspetto dei rapporti (economici) andrà sempre tenuto in conto”(4). L’economia cinese comunque ha tutto l’interesse a non mandare in fallimento l’economia USA in quanto, essendo quest’ultima un cliente di non sottovalutatile importanza per la propria industria, un peggioramento delle esportazioni peggiorerebbe la propria situazione interna. Un possibile peggioramento interno potrebbe acutizzare in modo maggiore tensioni e malumori presenti nel contesto cinese. Questo breve excursus economico, oltre a farci presente di come la globalizzazione economica ha delle ripercussioni geo-politiche, ci ha confermato come l’effetto globale e specificatamente l’interdipendenza di tematiche, possa ridurre in qualche modo il pericolo di una guerra classica.

Nella globalizzazione resta comunque la possibile minaccia dovuta ad aspirazioni autonomiste territoriali e a rivendicazioni culturali in contro tendenza con la spinta globalizzante. Come abbiamo potuto osservare nell’ultimo paragrafo una recessione economica globale, potrebbe causare in determinate aree geo-politicamente importanti implosioni interne con ripercussioni globali legati alla stabilità. Da qui l’aumentato rischio di conflitti asimmetrici dovuti alla globalizzazione. A fronte di questa affermata realtà e parliamo ancora di globalizzazione, probabilmente si dovrà in futuro ripensare al ruolo dello stato nazionale e delle istituzioni internazionali. Se in un prossimo futuro la nostra società non sarà in grado di rispondere adeguatamente con mezzi moderni e innovativi alle nuove sfide, assisteremo al declino dello stato nazionale e forse ad un’ulteriore rivoluzione sociale della nostra società.

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(1) La Guerre probable, pag 44;
(2) Un esempio è il nuovo regolamento FM-30 della US-Army che è frutto delle esperienze accumulate nelle operazioni tutt’ora in corso (Iraq / Afganistan). Defense News, Aprile 2008, Iraq War Changes U.S. Army Doctrine, pag 46;
(3) Caselli Gian Paolo. LIMES, Il mondo dopo Wall Street, 5.2008, pag 41;
(4) Rampini Federico. LIMES 5.2008, pag 25.

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