L’antesignano moderno

Quando lo stato è in crisi. La libertà e il ruolo delle masse

In ogni situazione, ma soprattutto in caso di crisi o di emergenza, poter contare su strutture semplici e su indicatori chiari, facilita non di poco la risoluzione di ogni situazione anormale. Comprendere le dinamiche delle masse può metterci al riparo da spiacevoli sorprese che in un breve istante, possono mettere in ginocchio ogni tipo di società; dalla più instabile alla più stabile. Lo stato è e sarà ancora per molto tempo la bussola con la quale le democrazie si potranno orientare.

Emergenza vs crisi

Nella lotta per la sopravvivenza, in prima linea troviamo un ipotetico legionario romano con le insegne che vuole qua rappresentare la forma di organizzazione più alta e importante per le società contemporanea. Parliamo dello stato Nazionale (ed intendo il modello democratico). A volte lo stendardo (la forza della p.es democrazia) è in prima vista, a volte capita di perderne la vista. L’essenza narrativa di questa insegna vuole metterci al corrente di un imminente pericolo. Vediamo. Un valido indicatore per definire se una società si trova in una emergenza oppure – ancora peggio – in una crisi (o crisi imminente)[1], è quella di osservare attentamente la disponibilità e la gestione dei compiti principali di uno stato. Semplicemente potremmo porci le seguenti domande:

  • Funziona il Servizio 144?
  • Funziona il Servizio 117?
  • Funziona il Servizio 118?
  • L’approvvigionamento economico del paese è assicurato (nessuna penuria di generi di prima necessità)?

A questo punto legittimamente, potremmo chiederci se ci troviamo in una situazione di emergenza o di crisi. Anzi è imperativo operare una chiarificazione dei due termini. Un’emergenza è una situazione nella quale l’organizzazione per il tramite di Checkliste, di processi, di direttive, ecc, senza indugi si è preparata e conosce il da farsi. Mentre la crisi è una situazione dove non esiste alcuna preparazione. Nella prima situazione (emergenza) si tratta di agire, di mettere in pratica, nella seconda (crisi), si tratta invece di prendere una decisione.

Come vedremo più avanti, ci sono strumenti per l’analisi e l’identificazione delle possibili cause che portano ad una disfunzione dei servizi che potremmo ricondurre ai bisogni della piramide di Maslow.

Gli indicatori

Una volta che questi indicatori (imminenti) ipoteticamente segnano un segnale Rosso (dove rosso è il bisogno d’azione, cioè di supplire ad un’anomalia sistemica del sistema), siamo in uno stato di crisi. Crisi che definirei come “crisi reattiva”, ovvero un frangente dove a fronte di una situazione anomala devo reagire per ripristinare la condizione di partenza (resilienza). Cioè in una situazione del genere ci troviamo in una crisi e ci induce all’azione (azione – reazione). I servizi non danno seguito al proprio mandato, l’insicurezza aumenta, l’incertezza pervade i nostri pensieri, demoralizza la nostra mente e il nostro spirito, il funzionamento normale della società viene messo sotto pressione. La fiducia nelle istituzioni è sempre più compromessa. Questi fattori e altri ancora, sono delle piccole bombe (con orologi che segnano il proprio tempo) che esplodendo insieme (reazione a catena), potrebbero fare implodere l’intera società. Sappiamo ben che a fronte di strutture, regole giuridiche, norme etiche all’insorgere di problemi, l’uomo (l’anello più debole della catena) ripiega assai velocemente sulla sua naturale primordiale essenza; la sopravvivenza (piramide di Maslow). Questo pensare lo porta ad agire secondo una visione egoistica che prende sostanza come detto dai nostri antenati, i quali a fronte di un pericolo avevano la scelta di restare e combattere (e morire), oppure di scappare. Non è cattiveria, ma una – purtroppo – naturale reazione al sentimento di pericolo provocato dallo stimolo della amigdala.

Non dimeno in ogni società esiste una parte di essa che vive ai margini. Così all’acuire di problemi è probabile che questi malcontenti emergano in superficie contribuendo alla messa in ginocchio anche della società. Di qualisiasi società. A questi livelli, ogni pianificatore dovrebbe informarsi sulla valenza e la potenza della folla, delle masse[2]. Mi ricordo bene il libro di Gustav Le Bon dal titolo “Le masse” che ancora oggi accompagna alcuni dei miei pensieri nelle analisi di società e di situazioni dove le persone sono attori principali degli avvenimenti. Ma potrei consigliare anche il bellissimo libro di Edward Bernays “Propaganda – L’arte di manipolare l’opinione pubblica “dove” solo attraverso l’energia attiva della minoranza intelligente il grande pubblico diviene consapevole di nuove idee e può agire in base a esse” (S. 30), ma più tardi rileva anche che “raramente gli uomini sono consapevoli delle vere ragioni che muovono le loro azioni” (p. 49). Ma Le Bon e Bernays sono ormai collocati su un asse temporale che rispecchiano solo in parte le dinamiche odierne. La manipolazione è sempre al centro, ma il metodo e le dinamiche sono parzialmente se non anche profondamente cambiate; troviamo così la massa come concentrazione di uomini e idee, successivamente con l’avvento della tecnologia la mobilitazione delle masse passa attraverso i social media (vedi Primavera Araba), dove a fronte di un appello all’azione (istantaneo), si possono mobilitare migliaia di persone per radunarle fisicamente in un determinato posto, e per finire le masse puramente digitali (un esempio è Tik Tok), dove migliaia di persone sparse in tutto il mondo, possono inizializzare a tempo di record trend più disparati e modificare comportamenti (soprattutto dei giovani) e abitudini foraggiando realtà non sempre comprensibili.

I’importanza delle masse

D’altro canto, la gestione delle masse non è cosa nuova. Prendiamo per esempio il ruolo che avevano le arene romane. Certo erano luoghi di divertimento per il popolo e per la leadership senatoriale, ma pensiamoci queste arene fungevano anche da calmiere e da organo di controllo per le masse. Scarichiamo così gli ormoni in duelli epici con l’egida della leadership di turno. Ecco una possibile spiegazione per gli stadi (dove molti di essi hanno riassunto il nome di Arena), per i grandi concerti, per i ritrovi che permettano di dare sfogo – certo uno sfogo controllato – alle proprie pulsioni e voglia di evasione. Forse un po’ – e con il dovuto rispetto – la situazione odierna, dove la gioventù a volte ha difficoltà di scaricare la propria forza primordiale ormonale. Forse così si spiega alcune dinamiche dell’insofferenza e del malcontento giovanile o di una società moderna.

Già in situazione definita normale, non è raro sentire i diversi malcontenti di gruppi giovanili, di tifoserie violente. Pensiamo per un attimo al periodo del Lock-down del 2020 e alle molte restrizioni che ne sono seguite, pensiamo ai diversi giovani che si sentivano defraudati del tempo (di divertimento), della propria libertà. Oltre a questi aspetti, abbiamo visto come durante questa pandemia ancora in corso, le opinioni o probabilmente aporie, si sono radicalizzate “o sei con, o sei contro”, dove non è raro vedere o leggere attraverso le news dei media, il crescere di manifestazioni che a volte degenerano in comportamenti primitivi. Fattori che se non controllati o sottovalutati, possono innescare dinamiche molto pericolose (disubbidienza sociale, insubordinazione alle autorità, fino a compiere atti insensati).

Per tornare alla valenza degli indicatori enunciati all’inizio, è forse ora chiaro che giunti a questo momento dove le lampadine brillano di un rosso fuoco è già troppo tardi. A questo punto una risposta robusta, per esempio l’impiego dell’esercito come opzione strategica, è dovuta. Sempre in prima linea vediamo ancora il nostro ipotetico soldato romano, ora stanco e piegato su sé stesso. Le insegne sono ancora in bella mostra, ma da un momento all’altro potrebbero cadere a terra (e sparire).

Dare concretezza agli indicatori

A questo punto è imperativo chiedersi quali siano ulteriori indicatori che ci permettano di identificare ulteriori problemi prima del loro confluire nell’ordine delle cose. A prescindere dal come, ritengo imperativo conoscere a fondo le dinamiche delle masse, lo stato di salute di una società, e la stratificazione della società. Per conoscere meglio e per togliere paure remote, non si tratta di schedare ogni cittadino, di monitorare tutto e tutti, d’altro canto però la nostra libertà (e sicurezza) è proporzionata alla valenza di regole e norme e quindi di una limitazione di essa. Paradossalmente se vogliamo essere liberi e sicuri, dobbiamo limitare la nostra libertà. Nel corso della storia, abbiamo imparato a conoscere il significato della libertà individuale, dei nostri diritti (e doveri). Probabilmente l’”io” centrismo che pervade la nostra società non si sposa bene durante situazioni di crisi. In un mondo sempre più affollato, dove gli spazi diminuiscono, dobbiamo probabilmente ricalibrare le nostre aspettative valutando la possibilità che si l’individuo è importante, ma per essere tale, dobbiamo (ri)valorizzare il significato del “noi”. Per rispettare così la persona nei suoi diritti (e doveri), dobbiamo così accettare che questa via può essere perseguita solo per il tramite del noi (e quindi essere pronti a compromessi che ci potrebbero sostanzialmente limitare nella nostra libertà d’azione). Un esempio è la discussione (etica) sulla necessità di obbligare tutte le persone alla vaccinazione COVID. Cerco ogni giorno di comprendere sia le persone a favore, ma anche quelle contrarie. Prima di affrontare l’essenza dell’obbligo (o meno), probabilmente dobbiamo anche chiederci quale società vogliamo e di quale società stiamo riferendoci; una società che favorisce l’Io, oppure una società che si concentra sul Noi. Dopodiché dovrebbe essere più facile comprendere e definire l’obbligatorietà o meno di una determinata norma o imposizione.

In sintesi

Queste riflessioni, inoltre per agganciarmi al bisogno di informazioni a livello militare, possono permettere una migliore conoscenza della situazione (ed aiutare il personale sul terreno, ma anche ai decisori richiusi in qualche locale isolato e disconnesso dalla realtà che pulsa invece sulla pelle di chi è al fronte) ad agire di conseguenza. La protezione delle opere non è tutto e in ogni caso l’esercito tecnicamente è in grado di svolgere questa funzione. Ma l’opera non è fine a sé stessa. Le azioni di terrorismo, si svolgono probabilmente nelle opere identificate, ma la preparazione avviene in altro luogo. Magari alla periferia di una grande città, in un determinato quartiere, eccetera. Ecco perché anche l’osservazione (soft-skills) sul terreno può essere percussore di informazioni rilevanti. Ora parlo dell’importanza dell’informazione strategica, che permette alle persone che operano sul terreno di osservare, ricavare, scambiare informazioni che permettono una maggiore comprensione della situazione reale.

Per dare anche una concretezza agli enunciati or ora discussi, il modello della Oxford College of Marketing Blog ci viene in aiuto proponendoci il modello P(M)ESTEL (political, military, economic, social, technological, einvironmental, legal), dove la “M” è stata aggiunta per un approccio anche nel campo della difesa/sicurezza). Un’analisi P(M)ESTEL è un acronimo per uno strumento che può essere usato per identificare le macro-forze (forze esterne) a cui un’azienda o uno Stato è esposto[3]. Il discorso si potrebbe ampliare anche alla discussione sulla definizione dei rischi, che però non è oggetto di questo scritto.

A dipendenza di una particolare situazione (situazione socioeconomica, culturale eccetera), un problema comune può essere più rilevante o meno. Vediamo alcuni esempi ipotetici:

esempio Rappazzo

A questo punto sei gli indicatori discussi all’apertura di questo breve testo, non funzionano allora non ci resta altro che affidarci a “Houston” (dove Houston a questo punto non può che essere la provvidenza) e con la dovuta compostezza dire “abbiamo un problema”. Ma questa famosa citazione è stata erroneamente raccontata fino a diventare un dato di fatto. Ma prima di tutto ciò è imperativo continuare a lavorare per assicurare questi servizi fondamentali per il buon funzionamento di una società e di convesso migliorare il nostro approccio nella comprensione generale e in rete di tutte le sfaccettature di questo mondo sempre più globalizzato e connesso e sempre più tecnologizzato. Secondo Wikipedia le parole che vennero trasmesse furono invece “Ah, Houston, we’ve had a problem”, “ah, Houston abbiamo avuto un problema”. Nel contesto di questo pensiero vuole semplicemente affermare come lo stato debba essere in grado di affrontare con successo ogni pericolo (con o senza provvidenza). Il ruolo dello Stato è così certamente e ancora per molto tempo, antesignano, cioè come un soldato romano schierato in prima linea con le insegne della propria legione, tradotto in chiave contemporanea significa essere il punto di riferimento per la dottrina o nell’azione della nostra società. Insomma, ancora per molto tempo lo stato è e rimane il precursore della stabilità politica e sociale del Paese. Quindi uno Stato resiliente.


[1] Inserire riferimento al libro “Gestione delle crisi” e il libro “Lo Stato in crisi – Pandemia, caos e domande per il futuro”.

[2] Miei articoli sulle masse: Le masse – Opinione 67 (rappazzo.org), Weekly newsletter of Leadership & Management @ rappazzo – Newsletter #64 | Revue (getrevue.co), oppure un breve Podcast Le masse, gli Stati e le Big Tech – Opinione 67 (rappazzo.org) (Stato dicembre 2021).

[3] Fare riferimento anche al regolamento FSO (dove esiste un formulazione equivalente).

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