
Sono convinto che ogni attore in coinvolto in questo tema, debba innanzitto fare il proprio lavoro;
– la politica deve chiaramente e senza dubbio ancor più pronunciarsi in modo inequivocabile;
– le istituzioni, quali la formazione, i comuni devono essere più attenti ai problemi dei nostri giovani;
– l’esercito deve essere più rigoroso nell’istruzione e nel controllo.
Utopico però sarebbe pensare che tutti i mali verrebbero meno, ma sicuramente si potrebbe dare un valido contributo a contenere il fenomeno della violenza.
Essendo coinvolto nel terzo attore, l’esercito vediamo ora cosa potremmo fare per contribuire al contenimento di questo problema. Nell’edizione della Neue Zürcher Zeitung (NZZ) del 1 dicembre 2007 a pagina 21 è divampata fra i lettori una discussione che ruota attorno all’immagine dell’esercito. Diversi i pro come i contra. Anche il blog offiziere.ch presenta in modo neutrale le diverse correnti. Ma cosa possiamo fare per migliorare la nostra immagine? Semplice solamente il nostro lavoro; serio, preciso e conseguente. Non sta a noi professionisti polemizzare sulla necessità o meno di un’arma a casa. No, a noi solo e unicamente il compito di istruire al meglio i nostri soldati, di controllare in modo più mirato e preciso l’utilizzo delle armi, l’uso delle munizioni e il controllo “contabile” di quanto viene utilizzato a scopo di istruzione. Come capi, dobbiamo essere coscienti della responsabilità che portiamo. Dobbiamo essere più severi con chi trasgredisce i propri obblighi, soldati ma anche quadri. Dobbiamo svolgere dunque il nostro compito con competenza senza accettare compromessi. Un eventuale lassismo nell’istruzione e nei controlli deve essere messo al bando.