In caso di bisogno, apro il cassetto e prendo una pianificazione bella e pronta. Già questo dovrebbe essere il caso ideale. Prepararsi al peggio, prepararsi ad ogni e per ogni evenienza. Ma, di regola quanto concepito, non trova riscontro nella realtà. Allora perché pianifico? Bè, se non pianifico dovrò pianificare. Se dall’altro canto, ho già pianificato qualche cosa, probabilmente ridurrò il tempo di reazione. A volte, anche solo poche modifiche, mi permetteranno di essere agile e di dare una risposta determinante ad una nuova situazione.
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La pianificazione previsionale è così un prodotto derivante dall’analisi della situazione. I rischi e/o pericoli che sono stati considerati come non i più determinanti, sono la base per la preparazione della pianificazione previsionale. In aggiunta anche le varianti (proprie possibilità) scartate, potrebbero essere tramutate in piani previsionali.
La quantità di pianificazioni previsionali è a libero arbitrio del capo e del tempo a disposizione; “Chi non risica non rosica”. Se volete essere pronti, il vostro cervello continuerà a domandarsi: “cosa può succedere? – e – “Come faccio a farmi trovare pronto?”.
Nella pianificazione della condotta ci troviamo nella fase “sviluppo dei piani”. Le figure sono da leggere riga per riga da sinistra a destra.
Figura 1
Per l’elaborazione della pianificazione previsionale, prendo in considerazione i rischi gialli del diagramma dei rischi. Tempo permettendo, riservo dello spazio per un brainstorming, con l’intento di identificare altri rischi, che potrebbero essere per il proseguo del lavoro, determinanti.
Figura 2
A questo punto, è importante ridurre la quantità di rischi (complessità) e ricercare possibili sinergie. Una possibilità è di disporre i diversi rischi divisi secondo il principio CAMMT.
Figura 3
Ora, per ridurre concretamente la complessità, cercheremo delle sinergie fra le diverse categorie (CAMMT). Un’analisi attenta, potrebbe anche indicarci dei comportamenti ricorrenti, aiutandoci notevolmente ad elaborare delle contromisure.
Figura 4
I rischi rimanenti – per intenderci – quelli del settore verde, saranno prevalentemente da monitorare tramite il riskmanagement, oppure da tenere sotto controllo, tramite delle direttive particolari (p.es aumento della sicurezza per l’accesso alle infrastrutture).
Il documento dovrà in definitiva rispondere alle seguenti domande: Che forma ha il pericolo, quale è lo stato dei miei mezzi, cosa posso ordinare, come mi posso preparare e – molto importante – quando devo “sganciare” il piano.
Prossimamente, pubblicherò una striscia, che vi darà ragguagli sulla forma del documento e del ruolo del trigger-point. Stay tuned!