Obsolescenza programmata

Storia di ordinaria follia di come rottamiamo il personale qualificato.

[…] Il Procuratore generale della Confederazione presso il Tribunale di Berna accerterà se gli istituti finanziari e i datori di lavoro abbiano messo in atto tecniche per ridurre deliberatamente la durata di funzionamento di personale esperto, qualificato e non, con lo scopo di massimizzare i ricavi, favorendo nel frattempo la sostituzione con forze di lavoro più giovani, meno costose e più malleabili.

Berna – I grandi datori di lavoro nel mirino della giustizia svizzera che ha aperto un’inchiesta accusando le aziende di “obsolescenza programmata”. Per la prima volta in Svizzera, la procura accerterà se delle grandi aziende, abbiano messo in atto tecniche per ridurre deliberatamente la durata di funzionamento di personale esperto, qualificato e non, allo scopo di massimizzare i ricavi utilizzando nuove forze lavoro, giovani, a buon mercato e malleabili sotto il profilo della condotta. L’iniziativa della procura fa seguito alla denuncia dell’associazione #esperienzadopoi50vale, presentata l’8 gennaio, in cui si accusavano i datori di lavori di ridurre volontariamente l’attrattività e la disponibilità ad assumere o promuovere forze di lavoro dopo i cinquanta anni. Le aziende, hanno recentemente riconosciuto che effettivamente il personale con più di cinquanta anni è meno attrattivo e quindi sempre di più meno considerato.

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Che cos’è l’obsolescenza programmata o pianificata? Nella gestione del personale è una strategia per definire il ciclo vitale di un collaboratore in modo da limitarne la durata a un periodo prefissato. Accade quindi che il personale diventi ingombrante per l’azienda dopo i cinquanta anni. Oppure – ma qui siamo nel campo della percezione – succede che agli occhi degli azionisti e dell’opinione pubblica in generale – il collaboratore stagionato appaia obsoleto messo in confronto con le nuove forze lavoro che sembrano più moderne e a buon mercato, sebbene dal punto di vista funzionale siano poco o niente diversi da quello più giovane. La tendenza è criticata da gruppi di persone come non etico e si sospetta che sia una particolare pratica, particolarmente diffusa.

Le grane per le grandi aziende non sono però finite: diversi collaboratori del management intermedio, reclamano che esiste una sistematica azione, volta a limitare la messa a giorno dei collaboratori con più esperienza, ma finanziariamente più cari rispetto ai modelli di personale appena usciti dalle scuole, rispettivamente dalle università. […]

Fake-News, tranquilli! Tranquilli? Lo spunto dell’articolo richiama la polemica dell’obsolescenza programmata degli apparecchi tecnologici. Con spirito di osservazione però, potremmo trarne delle analogie, ipotizzando una probabile correlazione di principio con il mondo del personale. È vero si che il collaboratore più invecchia, più costa. È comunque anche vero che probabilmente abbiamo la tendenza di concentrarci solo sugli aspetti economici a discapito di altri temi quali l’esperienza.

I collaboratori che non hanno colto l’opportunità o visto la necessità di valorizzarsi, di aggiornarsi, di ampliare le proprie conoscenze, di motivarsi, hanno probabilmente decretato la propria fine professionale e quindi ne sono co-responsabili. Ma ci sono anche altre persone che grazie all’esperienza, all’aggiornamento continuo possono essere ancora dei validi pilastri per ogni organizzazione.

Quando però il CEO 50enne, oppure azionisti stagionati sono i primi a preferire: “Il giovane è bello, economico, migliore e malleabile”, bè allora siamo freschi. Viviamo probabilmente in un mondo dove il concetto corto termine, massimizzare i profitti è al centro di ogni interesse. Di fatto però, perdiamo di vista la durabilità di un sistema. Polemica o non polemica, abbiamo un problema che con l’invecchiamento della popolazione dovrà essere preso di petto e discusso.

  • Da una parte gli over cinquanta, dovrebbero costituirsi “parte lesa” rendendo più attenta l’opinione pubblica;
  • gli ambienti finanziari/economici, dovrebbero analizzare ad ampio spettro la vita professionale del collaboratore e cercare di calmare l’appetito nefasto de “profitti prima di tutto”;
  • la politica, dovrebbe rivedere la filosofia del sociale (non parlo di alzare l’età pensionabile), ma rivedere con modelli alternativi economici o d’incentivi, migliorando il finanziamento, distribuendo i costi sociali;
  • mentre lo Stato, dovrebbe intervenire coordinando – se necessario anche imponendo – misure che tengano conto di tutte le parti in causa.

Continuare sulla stessa strada di oggi, significherebbe andare in contro un collasso del nostro sistema sociale. #valorizziamol’esperienza

Immagine: pexels.com | Kat SmithCCO License
Grafica: rappazzo.org

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