Politica di sicurezza, tanti enunciati e deduzioni, ma poche concrete conseguenze (2/2)

Seconda parte

Questo contributo è la continuazione
dell’articolo pubblicato il 10 maggio 2013 su questo blog.

A seconda della forma della minaccia si designerà un criterio guida. Le forme della minaccia coinvolgono tutti gli strati della società. La geometria variabile e la collaborazione continua è la risposta.

L’essenza sul dibattito della Politica di Sicurezza del nostro Paese, ha sicuramente raggiunto il cuore del problema, ma è ancora confinato presso le elite politiche ed intellettuali del nostro paese.

Io mi sento parte in causa. Come cittadino, ma anche come ufficiale di professione. Non sta a me definire e/o criticare (in bene o in male), la futura organizzazione dell’Esercito. Io cerco di fare il mio lavoro al meglio e di dare un valido contributo nell’espletamento delle mie funzioni e laddove ne è richiesto, nel ravvivare e dare il mio contributo. D’altro canto – e qui è il nocciolo del problema – è necessario, anche per la mia categoria, da una parte, e la classe politica dall’altra – definire, stabilizzare, rendere più accessibile al grande pubblico l’importanza della Politica di Sicurezza. Una volta raggiunto questo scopo – la discussione legata intorno all’Esercito prenderebbe sicuramente un’altra forma e un altro spessore. Fondamentale è quindi la capacità nel dare commiato ai vecchi cliché del concetto Esercito e nell’abbinare la Politica di Sicurezza al solo strumento Esercito. Fondamentale è comprendere che l’Esercito è un elemento inserito in un contesto di geometria variabile. Fondamentale è comprendere che la minaccia è in continua evoluzione, ma non per questo, meno pericolosa.

Recentemente ho letto diversi contributi , “Faktisch eine neue Armee“ (René Zeller), „Die Armee unter der Lupe“ (NZZ), „Wirklich eine Weiterentwicklung?“ (Denis Froidevaux), „Management by Kopfanschlagen“ (Peter Regli), „Welche Armee wollen wir eigentlich?“(Martin von Orelli), „Den Sicherheitsverbund Schweiz“ (Hans-Jürg Käser), tutti pubblicati dall’autorevole NZZ. Che cosa posso dire. Ho l’impressione che si gira intorno in un cerchio senza fine. La maggior parte dei contributi, come pure i commenti seguiti agli articoli, sono prolifici in deduzioni e enunciati, ma difettano per contro di conseguenze chiare. Probabilmente viene utlizzato una forma della lingua – il politichese – che lascia spazio a diverse interpretazioni. È comunque chiaro che ieri non è oggi e oggi non è domani. Dimenticare però la storia e il trascorso di una nazione e di un popolo, potrebbe rilevarsi però anche fatale. Gli insegnamenti hanno un loro significato. Chiaro anche, che i futuri problemi vadano risolti in maniera globale (geometria variabile). Chiaro è anche, che la politica di sicurezza debba essere meglio coordinata. Come pure, è anche chiaro che la politica di sicurezza ha il suo costo. Cosa vogliamo inviestire ora, nella nostra sicurezza?

La libertà ha il suo costo!
La libertà ha il suo costo!

Contrariamente all’articolo, da me scritto, “Pensieri sulla politica di sicurezza della Svizzera“, dove paragonavo la nostra protagonista ad un estintore, oggi prediligo un’altra simbologia; ovvero la Politica di Sicurezza con la parabola della vita/apprendimento di un uomo, e l’esercito come un estintore. Vediamo come! Un neonato alla sua nascita ha bisogno di sostegno e di una guida esperta e rispettosa. Il neonato crescendo però deve poter imparare anche dalle proprie esperienze, dai propri errori. Ma la guida deve prestare sempre attenzione e in caso di necessità prendere le dovute precauzioni per evitare conseguenze probabilmente nefaste o letali. Così, la conoscenza della politica di sicurezza deve essere continuamente trasmessa alle generazioni future. L’importanza deve essere trasmessa, l’attualità per contro deve essere oggetto di una discussione aperta e costruttiva. L’esercito per contro è come un estintore. Al momento del bisogno deve essere pronto per l’uso. Per essere pronto per l’uso, bisogna dare la possibilità di esercitarsi. Il numero degli estintori sarà proporzionale alla grandezza dello stabile. Così l’estintore, così l’esercito. Bisogna però anche informare le persone, sull’ubicazione dell’estintore. Lo stabile vuole quindi rappresentare la tipologia della minaccia. I locatari, sono per contro la popolazione. Senza una guida esperta (le elite-politiche e coloro che sono attive nell’istruzione), le generazioni future non sapranno capire l’importanza della sicurezza. Senza l’estintore, il suo proprietario (noi), non potrà – in caso di bisogno – lottare contro l’incendio. E saranno dolori. Per tutti! Per terminare: quanto vale la nostra sicurezza di domani?

2 commenti su “Politica di sicurezza, tanti enunciati e deduzioni, ma poche concrete conseguenze (2/2)”

  1. Pingback: Politica di sicurezza, tanti enunciati e deduzioni, ma poche concrete conseguenze (1/2) | Opinione 67

  2. Pingback: Adesso tocca a té! | Opinione 67

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto